Xylella fastidiosa: nanotecnologie per contrastarla
Utilizzare le nanotecnologie per contrastare la diffusione della Xylella fastidiosa. È quanto sta sperimentando l’Università del Salento, nell’ambito di un progetto di ricerca che riguarda la messa a punto di un trattamento endoterapico contro il batterio che colpisce gli ulivi, provocandone il progressivo essiccamento.
«Nelle piante colpite da Xylella», spiega il professor Giuseppe Ciccarella del Dipartimento di Scienze e tecnologie biologiche e ambientali dell’ateneo pugliese, «vengono iniettate delle nanoparticelle ingegnerizzate che possono rilasciare nel tempo un principio attivo fitoterapico. Il lento rilascio serve a proteggere gli ulivi dagli inoculi di batteri da parte dell’insetto vettore. La sputacchina, infatti, veicola i batteri per un periodo limitato corrispondente ai mesi più caldi dell’anno. Parliamo quindi di un vero e proprio trattamento fitoterapico che, se prolungato per lo stesso tempo di vita dell’insetto vettore, può proteggere efficacemente la pianta colpita nel periodo cosiddetto a rischio». I nanovettori, in quanto particelle microscopiche (dell’ordine di grandezza di un millesimo del diametro di un capello umano), possono viaggiare in tutti i vasi della pianta, rilasciando progressivamente il principio farmacologico.
La ricerca ha già dimostrato che le nanoparticelle elaborate possono essere specifiche e quindi aggredire selettivamente il batterio senza intaccare la pianta. L’elevata specificità di azione permetterebbe, tra l’altro, l’uso di farmaci in dosaggio bassissimo.
«La Xylella fastidiosa è ormai radicata nel territorio e difficilmente potrà essere debellata definitivamente. Inoltre, essendo una specie batterica non vincolata strettamente all’ulivo, ha già attaccato altre specie tra cui l’oleandro, il ciliegio, il mandorlo ed anche piante ornamentali» dice Ciccarella. «Tuttavia, avere un fitofarmaco che possa agire in maniera sostenibile, con un basso impatto ambientale, senza far uso di pesticidi, con una tecnologia a lento rilascio e a basso costo, potrebbe aiutare a contenere efficacemente il fenomeno. Questo è il nostro obiettivo».
Avviato nel 2015 grazie al finanziamento della Regione Puglia, il progetto di ricerca ha riguardato finora colonie batteriche in vitro. Entro la fine dell’anno la sperimentazione avverrà sulle piante modello, cioè piante “cavia” da laboratorio, che permettono di verificare “in vivo” gli effetti dei trattamenti con i nano-agrofarmaci, in modo da poter fare valutazioni più accurate.
(© Osservatorio AGR)