Vola l’export agroalimentare in Giappone
L’accordo di libero scambio tra l’Unione Europea e il Giappone (Jefta), in vigore dallo scorso febbraio, pare funzionare bene. Secondo i dati dell’Ice, l’Agenzia per l’internazionalizzazione delle imprese italiane, nei primi 8 mesi del 2019 c’è stato un vero e proprio boom dell’export agroalimentare italiano nel paese asiatico: a tutto agosto si è già andati oltre 1,2 miliardi di euro, più di quanto incassato nell’intero 2018 (1,14 miliardi), con una crescita stimata al 64%.
Il Jefta ha rimosso le tariffe sul vino europeo importato nel Paese del Sol Levante, prima al 15%, e, in generale, azzerato con periodi di transizione che variano da 7 a 15 anni i dazi nipponici anche su pasta (erano al 24%), cioccolata (fino al 30%) e formaggi a pasta dura (fino al 29,8%) provenienti dall’ UE, con il riconoscimento di oltre 200 dop e igp europee tra vini e alimenti, di cui 44 italiane.
Per i formaggi a pasta molle il Giappone ha aperto un contingente a dazio zero di 20.000 tonnellate all’entrata in vigore del trattato, che crescerà fino a 31.000 tonnellate in 15 anni. Anche per i produttori europei di carni suine (semplificazione e riduzione dazi dal 4-8% a zero) e bovine (tariffe da 38% a 9% in 15 anni) le esportazioni saranno più facili.
Vini doc-docg, spumanti e oli di oliva, campioni del made in Italy, stanno dando un contributo decisivo alle vendite in Giappone, con incrementi rispettivamente del 12, del 23 e del 14% su base annua nel periodo gennaio-agosto 2019. A spingere sull’acceleratore sono anche i formaggi (+17%) e le paste (+14%), ma progressi altrettanto significativi si registrano quest’anno per cacao in polvere, cioccolato e dolciumi, pasti e piatti pronti, tè, caffè, condimenti e spezie.
Il Giappone rappresenta oggi il sesto partner commerciale per l’Italia, fuori dai confini Ue, ma si colloca solo in diciassettesima posizione nella lista dei fornitori di prodotti agroalimentari del Giappone, con una quota inferiore al 2% delle importazioni di Tokio, pari a 57 miliardi di euro (i maggiori fornitori nel settore restano gli Usa, seguiti da Cina, Tailandia, Australia e Canada).