Vitigni ancestrali contro i cambiamenti climatici
Contro la siccità e le ondate di calore che mettono a dura prova i vigneti, la soluzione potrebbe venire dal recupero di vitigni ancestrali. Questi ultimi, come dimostrano gli studi effettuati da ricercatori agronomi, risultano dotati di una maggiore resistenza al riscaldamento climatico e quindi patiscono meno lo stress idrico che compromette la maturazione dell’uva.
Nel sud della Francia, ad ovest di Tolosa, si stanno attualmente coltivando 37 varietà di vitigni “storici”, ritrovati in seguito a indagini iniziate negli anni Novanta. Plant de Cauzette, Tardiff, Manseng, sono solo alcune delle varietà che nel Diciannovesimo secolo furono abbandonate a favore di altre che garantivano una resa maggiore. Una scelta che, alla luce dei cambiamenti climatici degli ultimi decenni, sembra essersi ritorta contro i produttori vinicoli. Il riscaldamento, infatti, ha già aumentato il tasso alcolico dei vini di una media di due gradi e mezzo tra il 1984 e il 2015, secondo uno studio del laboratorio Dubernet condotto su un campione di vini della zona Languedoc- Rosellon. Questo perché la carenza di acqua nell’uva aumenta la concentrazione di zuccheri che poi si trasformano in alcol. Per fare un esempio, il Tannat, che ha soppiantato il Manseng, a volte arriva a superare i 16 gradi, un livello che gli esperti già ritengono esagerato. Il Manseng, invece, anche in condizioni di siccità, presenta un livello alcolico più basso. Sulla base di questi risultati, il vino del futuro potrebbe arrivare dal passato.
(© Osservatorio AGR)