Torna a crescere l’export di vino italiano (ma non in Cina)
Trend in crescita per l’export in volume del vino made in Italy dopo la battuta d’arresto del 2018.
A rilevarlo è l’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (Ismea) con elaborazioni su dati Istat riguardanti i primi tre mesi del 2019 per una consegna all’estero di 4,9 milioni di ettolitri, +8% sullo stesso periodo dell’anno precedente.
Positiva la performance dei vini fermi in bottiglia che nei primi tre mesi dell’anno hanno i 2,5 milioni di ettolitri di export (+6%) con una riduzione della domanda statunitense (-2%), una crescita del 13% di quella tedesca e del 24% di quella del Regno Unito con una progressione dei valori del 31%.
L’andamento progressivo dei vini spumanti – segnalano i ricercatori Ismea – è invece inferiore a quella degli scorsi anni «anche per la frenata dell’Asti, mentre il Prosecco fa sempre da locomotiva non solo al segmento degli spumanti ma all’intero comparto vino».
Complessivamente la crescita del valore unitario degli spumanti all’export è del +2%.
Infine, aumenta la domanda di vino italiano in bag in box con un oltre 20% sia in Svezia che nel Regno Unito, destinazioni che rappresentano rispettivamente il 20 e il 12 per cento dell’intero segmento, mentre in Norvegia (il 15% del totale a volume) si registra una battuta d’arresto.
Sempre in tema di vino, da segnalare lo storico «sorpasso» dell’Australia sulla Francia nel mercato cinese: nei primi cinque mesi dell’anno, secondo Nomisma Wine Monitor, l’import di vino australiano in Cina supera i 306 milioni di euro, contro i 271 di quello francese. La quota di mercato dei transalpini scende sotto il 30%, contro il 43% di dieci anni fa, a causa di un calo di quasi il 34% nelle vendite di vini fermi imbottigliati in questa prima parte dell’anno.
Sempre lontana l’Italia, con meno del 7% di quota all’import penalizzata da una riduzione degli acquisti da parte dei cinesi di quasi il 13% a valore (e -6% a volume) rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.