24 Settembre
imprese & mercati

Rinasce la filiera dell’arachide italiana

Continua ad aumentare in Italia la domanda di frutta secca, il cui consumo è praticamente raddoppiato negli ultimi 10 anni, ed è forse per questa ragione che Coldiretti con Filiera agricola italiana (Fdai), Noberasco e SIS, Società Italiana Sementi del gruppo agroindustriale Bonifiche Ferraresi, hanno annunciato nei giorni scorsi una collaborazione di filiera per ottenere un prodotto 100% italiano.


La domanda di arachidi sul mercato italiano è oggi quasi interamente coperta da prodotto straniero, importato soprattutto da Israele, Egitto e Stati Uniti. Attualmente in Italia sono state moltiplicate e seminate due varietà su 18 ettari, ma la filiera dell’arachide nazionale presenta un interessante potenziale di sviluppo, che potrebbe portare alla coltivazione di oltre 30.000 ettari sul territorio.


Dal punto di vista produttivo l’esperienza condotta da SIS dimostra la possibilità di ottenere 20-25 quintali di prodotto per ettaro, che si traducono in una plv di 5.000-6.000 euro per ettaro. Il prezzo previsto dagli accordi con Norberasco è fissato a 250 euro al quintale.


Più piccola, più scura e con gusto particolare rispetto alle tipologie convenzionali, l’arachide italiana viene seminata in aprile e raccolta verso la metà/fine di settembre. Necessita di terreni torbosi, di temperature elevate e di molte ore di luce, tutte caratteristiche che si sposano perfettamente con il clima italiano. Proprio per queste caratteristiche la regione che ha visto maggiormente svilupparsi questa coltivazione è stata l’Emilia-Romagna e in particolar modo la zona del Ferrarese.


La rinascita della filiera dell’arachide italiana, dopo quasi 50 anni, apporterà importanti benefici anche dal punto di vista della sostenibilità e della salubrità del prodotto, con vantaggi riferiti al tempo e all’efficacia dell’essicazione, che in molti casi avverrà in impianti “in campo”.


L’essiccazione – procedura fondamentale per la qualità del prodotto – è uno degli aspetti che saranno approfonditi e probabilmente posti al centro di future sperimentazioni, ora che è ripartita la filiera di produzione, trasformazione e distribuzione. Il recupero di questo prodotto coincide infatti anche con il recupero di un know-how, di una ricerca e di un segmento occupazionale di grande rilievo.

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