Olio d’oliva: in meno di 10 anni il Portogallo ha quadruplicato la produzione
Nell’ultimo decennio, il settore olivicolo del Portogallo ha registrato una crescita straordinaria, che ha portato il Paese iberico a quadruplicare la produzione di olio d’oliva e a triplicare i volumi esportati. La radicale trasformazione del comparto ha consentito allo Stato europeo di diventare il quarto esportare mondiale dell’oro liquido, nonché il settimo produttore a livello globale.
Come recentemente evidenziato dal Sottosegretario di Stato all’Agricoltura, Luís Vieira, nel corso della sessione di apertura del National Olive Oil Congress di Valpacos, nel 2016 le esportazioni portoghesi di olio d’oliva hanno raggiunto un valore complessivo di 434 milioni di euro, generando un surplus della bilancia commerciale pari a 170 milioni di euro.
Un risultato ottenuto partendo da una situazione ben diversa: appena otto anni prima, infatti, il Paese mediterraneo era un importatore netto di olio d’oliva, con un deficit di 50 milioni di euro. Il rapido sviluppo del settore si deve a una combinazione di fattori: l’introduzione di nuovi terreni, in particolare nella regione di Alqueva, alla quale sono immediatamente seguiti investimenti in tecnologie innovative. Una volta che le strutture produttive sono state potenziate, il settore portoghese dell’olio d’oliva, guidato dalla regione centro meridionale dell’Alentejo, ha raggiunto picchi senza precedenti.
La nuova realtà ha portato Vieira a ritenere che la produzione potrebbe toccare quota 120mila tonnellate entro il 2020, grazie soprattutto all’introduzione di nuovi oliveti. Se le stime del Sottosegretario si rivelassero accurate, per il Portogallo significherebbe essere riuscito a sestuplicare la produzione di olio d’oliva nell’arco di 30 anni.
Nel raggiungimento di questo traguardo, le politiche di investimento hanno giocato un ruolo fondamentale: tra il 2007 e il 2014, il Programma di Sviluppo Rurale (PRODER) ha sostenuto circa 4.000 progetti di investimento, per un totale di 700 milioni di euro.
(© Osservatorio AGR)