Norme più snelle per il lavoro occasionale in agricoltura
La piaga del caporalato in agricoltura, presente purtroppo in diverse aree del Paese, può essere affrontata solo se vengono resi concreti e operativi gli strumenti per contrastare l’intermediazione illegale e lo sfruttamento del lavoro in agricoltura. Prioritariamente, però, uno dei grandi problemi da risolvere è quello della cronica difficoltà delle aziende agricole di reperire, attraverso i centri territoriali per l’impiego, personale specializzato in determinate operazioni colturali.
In altre parole è la domanda di lavoro da soddisfare il vero nodo da affrontare se si vuole combattere il caporalato. Le principali problematiche delle aziende agricole sono infatti il reclutamento della manodopera giornaliera e la complessità burocratica e gestionale dei relativi rapporti di lavoro. Problemi che riguardano trasversalmente tutta l’agricoltura.
Sempre più aziende così, per superare le carenze di lavoratori, utilizzano lo strumento dell’appalto di servizi, la cui normativa presenta complessità e ambiguità che non è sempre facile comprendere e gestire. Molto complesse sono poi le problematiche legate all’assunzione di lavoratori stranieri, che rappresentano ormai circa un quarto degli operai agricoli. Per far entrare in Italia lavoratori provenienti da Paesi extra UE occorre affrontare una pratica burocratica che può essere sostenuta solo da aziende che offrono contratti di lavoro di significativa durata. Per quanto riguarda la questione burocratica, le attività che hanno natura occasionale e accessoria, di durata anche molto contenuta, hanno bisogno di essere disciplinate in modo molto semplice. L’assunzione di un operaio addetto alla vendemmia, per esempio, richiede oggi lo stesso numero e la medesima tipologia di adempimenti del reclutamento di un lavoratore più strutturato o fisso, caricando l’imprenditore di oneri burocratici e costi di gestione spesso non compatibili con le caratteristiche organizzative e con le capacità economiche aziendali. Questo non è un problema solo italiano. In altri Paesi dell’Unione Europea però sono state adottate soluzioni che mirano a far emergere le attività occasionali. In Germania, ad esempio, esistono i cosiddetti mini-job, impieghi che non possono superare 450 euro al mese, esenti da tasse e contributi previdenziali a carico del dipendente, con oneri ridotti per il datore di lavoro.