Mozzarella di bufala campana dop, una filiera di successo
In 25 anni la produzione di Mozzarella di bufala campana dop è più che quadruplicata, passando da 115.000 a 494.000 tonnellate, con una crescita media annua del 6%, dimostrando di essere un formidabile strumento per creare reddito e occupazione nel Meridione. La filiera, che oggi conta 1.267 allevatori, cui fanno capo 1.274 allevamenti, per un totale di circa 270.000 capi bufalini, genera un giro di affari di 1 miliardo e 218 milioni di euro.
Questi e altri interessanti dati sono contenuti nel primo studio sistematico sull’impatto economico della filiera produttiva legata alla Mozzarella di bufala campana dop sul territorio e sui sistemi locali d’impresa dell’indotto curato da Svimez, l’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, e commissionato dal Consorzio tutela.
Come rimarcato da Svimez, i benefici economici non si limitano alle sole imprese attive nella produzione della Mozzarella di bufala, ma riguardano, con intensità differente, l’intera filiera, per la maggior parte localizzata in prossimità delle imprese aderenti al Consorzio.
L’analisi dei bilanci delle imprese della filiera fa emergere un distretto produttivo in ampliamento, con caratteristiche di solidità e redditività paragonabili ad altri settori premium del made in Italy. Elevati standard di qualità insieme alla distintività di un prodotto che si identifica con il suo territorio di appartenenza attraverso la circoscrizione in loco dell’intero ciclo di produzione, dalla materia prima al prodotto trasformato, sono alla base di indicatori di bilancio da settore premium dell’industria italiana.
Il sistema delle imprese della filiera certificata genera un fatturato diretto di circa 600 milioni di euro, ma il dato più interessante è costituito dagli effetti indotti sull’economia territoriale da tale produzione. Infatti ogni euro di produzione diretta di Mozzarella dop genera un volume di affari, tra acquisto di materia prima e beni strumentali a monte e servizi commerciali a valle, di 2,1 euro, a dimostrazione di una filiera di produzione profondamente integrata nel territorio. Ciò determina l’elevato impatto occupazionale complessivo, che supera le 11.000 unità.