Mercato fondiario italiano, continua la stasi
Diminuisce anche nel 2015, per il quarto anno consecutivo, il prezzo della terra, che come media nazionale torna sotto la soglia dei 20mila euro per ettaro. L’indagine annuale svolta dal CREA (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria) conferma le attese degli operatori che ormai da anni segnalano una stasi del mercato fondiario e una continua, seppur contenuta, flessione dei valori fondiari (in media -0,8% rispetto al 2014).
Sono le zone di pianura e le regioni settentrionali (Veneto -3,3%; Lombardia -2,4%) a registrare i ribassi maggiori, con la conseguenza di una progressiva riduzione del divario dei prezzi della terra tra Nord e Sud.
Grazie agli elevati livelli raggiunti dai valori fondiari nelle regioni del Nord (mediamente da due a quattro volte superiori a quelli registrati nel Centro-Sud) il patrimonio fondiario è concentrato per il 61% in queste regioni, malgrado la superficie agricola rappresenti il 36% della superficie agricola utilizzata nazionale. I valori fondiari più alti si riscontrano in Veneto, Trentino Alto Adige e Liguria, dove le colture di pregio – viticole in particolare – associate alla scarsità di superfici agricole (Trentino Alto Adige e Liguria) e alla dispersione urbanistica (Veneto) hanno portato i prezzi a livelli difficilmente compatibili con l’effettiva redditività agricola.
Proprio il rapporto tra prezzo della terra e rendimento economico potrebbe essere – secondo l’analisi del CREA – la chiave per interpretare l’attuale andamento dei valori fondiari. L’aggiustamento delle quotazioni, infatti, consentirebbe agli imprenditori più dinamici di aumentare la dimensione aziendale tramite l’acquisto di terra e anche di rinforzare il patrimonio generato dal risparmio familiare.
In realtà, malgrado la progressiva riduzione del prezzo della terra, l’attività di compravendita continua ad essere molto al di sotto di quanto si registrava fino al 2005, con un numero di atti notarili che si conferma inferiore di oltre il 40% rispetto a dieci anni prima.
L’accesso al credito viene considerato, dagli operatori intervistati, uno dei maggiori fattori limitanti per l’acquisto sebbene, grazie ai tassi di interesse sempre più contenuti e alla rinnovata disponibilità degli istituti bancari, negli ultimi due anni si sia avuto un incremento significativo delle erogazioni di mutui. La stasi del mercato fondiario sembra essere dovuta principalmente ad altri fattori: le continue difficoltà di alcuni comparti produttivi (latte, carne e grandi colture, ad esempio), la volatilità dei mercati agricoli, le incognite sul futuro della Politica Agricola Comune, condizioni che aumentano l’incertezza e deprimono l’interesse dei potenziali investitori. In un simile contesto quanti desiderano ampliare la scala aziendale si orientano verso l’affitto, optando per una soluzione che richiede impegni finanziari inferiori e si caratterizza per una maggiore flessibilità.
(© Osservatorio AGR)