La pandemia favorisce i consumi di mele
L’emergenza Covid-19 spinge la domanda italiana ed europea di mele. Secondo gli ultimi dati resi noti da Assomela, l’Associazione italiana dei produttori di mele, le vendite del mese di marzo sono infatti state sostenute, superiori a 224.000 tonnellate. Al 1° aprile le giacenze hanno così raggiunto 556.714 tonnellate, quota del 18% inferiore alla media delle stagioni precedenti, escludendo il mese di marzo 2018, su cui ha influito la scarsa produzione del 2017.
La corsa all’acquisto ha riguardato un po’ tutte le varietà: dalle Golden alle Gala, dalle Red Delicious alle Fuji fino alle Granny Smith e all’Annurca, con consumi in crescita fra il 18 e il 23%.
Per tutte le altre cultivar, tra cui in modo particolare le varietà club, i piani di decumulo procedono così come impostati all’inizio della campagna commerciale. Sono perciò confermate le buone prospettive per un prosieguo positivo della stagione, sia in termini di vendita sia di quotazioni.
Ottime prestazioni inoltre si registrano anche per il trasformato, in modo particolare per i succhi di frutta.
La mela è la primatista dei consumi di frutta nel nostro Paese, per una per una produzione totale che, sottolinea Coldiretti, supera 2,1 milioni di tonnellate, volume che mette l’Italia sul podio europeo appena dietro alla Polonia e davanti alla Francia, ed è anche il frutto italiano più esportato, con oltre 900.000 tonnellate nel 2019.
Il ritmo delle vendite è rimasto sostenuto anche in aprile, ma via via più vicino alla normalità, fatto che consente di garantire la fornitura del prodotto fino all’inizio della nuova stagione.
Per quanto riguarda le spedizioni in Europa, gli iniziali problemi logistici sembrano essere superati, mentre qualche problema residuo rimane per altre destinazioni extra UE, dove però l’adattamento graduale alle misure restrittive imposte dalle autorità sta portando a una progressiva soluzione dei problemi.
Sul fronte agricolo Assomela rimarca che l’elemento di maggiore preoccupazione resta la carenza di lavoratori stagionali.
Sebbene, rispetto ad altre colture, il picco di richiesta di manodopera sia previsto tra qualche mese è fondamentale fin d’ora predisporre gli strumenti idonei a favorire l’assunzione dei lavoratori per le operazioni di dirado e la successiva fase di raccolta.
Trento e Bolzano, i due maggiori distretti melicoli nazionali, insieme a Verona, Foggia, Latina e Cuneo, specializzati in altre colture, sono le province che in Italia rischiano le maggiori penalizzazioni per la mancanza di lavoratori stagionali stranieri, il cui deficit è stimato in almeno 200.000 unità.