L’Italia olivicola perde colpi
I numeri non dicono tutto, ma certamente servono a farsi un’idea più precisa. Nel caso dell’olivicoltura italiana, ad esempio, il quadro che emerge dalle statistiche è chiarissimo e preoccupante.
Se si confronta la produzione media di olio del quadriennio 1998-2001 con quella 2015-2018 si vede che l’Italia ha avuto una flessione produttiva del 46%. In 20 anni l’olio italiano si è quasi dimezzato.
È vero che il dato del 2018, circa 1750.000 tonnellate, è un record negativo dovuto anche a situazioni meteorologiche estreme (ma purtroppo sempre più frequenti) ma resta il fatto che fino ai primi anni 2000 si viaggiava stabilmente oltre le 500.000 tonnellate, con annate vicine o superiori alle 700.000, mentre nelle ultime stagioni si raggiungono a stento, quando va bene, le 400.000.
Il tutto a fronte di una superficie sostanzialmente stabile di quasi 1,2 milioni di ettari, il che fa dell’olivo la seconda coltura del nostro Paese dopo il grano duro.
Se guardiamo il contesto mondiale il discorso non cambia: vent’anni fa il rapporto tra la produzione olearia italiana e quella spagnola era circa 1 a 1, mentre nell’annata 2018 il rapporto è stato 1 a 10 (175.000 tonnellate in Italia, contro poco meno di 1.800.000 in Spagna).
Sono numeri che si spiegano anche con la struttura della nostra olivicoltura: in Italia il 63% dell’oliveto ha più di 50 anni e il 49% ha una densità minore di 140 piante per ettaro. Delle 825.000 aziende attive nel settore, solo il 37% risulta in grado di sostenere la competitività del mercato.
È insomma una coltura che deve rinnovarsi e guardare al mercato, agendo in una logica di innovazione ed ecosostenibilità.
Senza scimmiottare gli spagnoli, occorre comunque una riconversione con nuovi sesti d’impianto produttivi e, nelle zone a rischio, tolleranti alla xylella.
Nella prossima Pac, gli interventi di settore saranno realizzati dalle Organizzazioni di produttori (Op) e dalle loro Associazioni (Aop) ma, a differenza di quello che accade oggi, l’erogazione dei contributi europei sarà quantificata sulla base del valore della produzione commercializzata, ovvero l’olio venduto tramite le organizzazioni dei produttori.