Il mais italiano spera nel Piano nazionale
Anche nel 2019 il mais italiano ha arrancato: nonostante una lieve ripresa delle superfici, intorno ai 630.000 ettari, non c’è stato un aumento della produzione. E così l’import della granella ha superato i 6 milioni di tonnellate portando il nostro tasso di autoapprovvigionamento al 55%.
Anche sul fronte sanitario non è andata benissimo. Il 2019 è stato l’anno delle fumonisine: sebbene ancora parziali i dati raccolti evidenziano infatti che il 77% dei campioni presenta contaminazioni superiori al limite 4.000 µg/kg, valore limite per l’utilizzo della granella di mais a uso alimentare diretto.
Sul fronte aflatossine la media della contaminazione, 10% dei campioni superiori a 20 µg/kg, è in linea con quella degli scorsi anni.
A fronte di questi dati negativi c’è però un segnale di speranza per i maiscoltori: entro fine mese, infatti, verrà varato in Conferenza Stato-Regioni il Piano maidicolo nazionale, un documento di programmazione e indirizzo sotto il profilo tecnico elaborato in collaborazione tra gli esperti della filiera, del Ministero delle politiche agricole e delle Regioni e che conterrà diverse indicazioni per il rilancio della produttività e della redditività di questa coltura.
Grazie a questo documento i futuri Psr potranno sicuramente essere più facilmente indirizzati al mais.
Ovviamente sarà poi necessario tradurre gli indirizzi del Piano in strumenti di programmazione in grado di aiutare le aziende a superare le criticità che oggi rendono questa filiera fragile e non competitiva con il mais di importazione.
Basti pensare, a questo proposito, al problema dell’acqua che deve essere garantita nella quantità e modalità giusta, anche per evitare il rischio aflatossine. Su questo tema diventa cruciale strutturare misure di sostegno per sistemi di irrigazione in grado di utilizzare meglio l’acqua, come ad esempio la sub-irrigazione, coniugandola magari con la fertirrigazione, in grado di migliorare le rese sia in termini quantitativi sia qualitativi.