13 Febbraio
imprese & mercati politiche

I rischi del dopo-Brexit per l’agroalimentare italiano

La Gran Bretagna rischia di diventare il porto franco del falso made in Italy in Europa per la mancata tutela giuridica dei marchi dei prodotti italiani a denominazione, dop e igp, che rappresentano circa il 30% sul totale dell’export agroalimentare tricolore. Questo il parere del presidente della Coldiretti Ettore Prandini sulla situazione creatasi dopo la Brexit.
Un allarme condiviso da Paolo De Castro, membro della Commissione agricoltura del Parlamento europeo, secondo il quale «dopo la Brexit serve un accordo ambizioso che impegni il Regno Unito a far propri gli standard produttivi e di sicurezza alimentare europea. Bisogna scongiurare il rischio che l’accesso al mercato unico di alimenti d’Oltremanica si trasformi in un “cavallo di troia” che metterebbe a rischio la salute dei nostri consumatori e la sostenibilità economica delle nostre aziende».
La Gran Bretagna – rileva ancora Coldiretti – potrebbe diventare un porto franco per l’arrivo di prodotti agroalimentari di imitazione del made in italy che nel mondo fatturano 100 miliardi e che vedono tra i maggiori contraffattori gli Usa, ma anche il Canada e l’Australia che fanno parte del Commonwealth.
Si tratta purtroppo di un rischio reale, come dimostrano le vertenze del passato nei confronti di Londra, con i casi della vendita di falso Prosecco alla spina o in lattina, fino ai kit per produrre in casa finti Barolo e Valpolicella, o la più recente apertura del distributore automatico di calici di prosecco (Automatic Prosecco Machine APM) installato nella capitale inglese su iniziativa di una vineria.
«In concreto – ha dichiarato De Castro – Londra deve impegnarsi a mantenere elevati gli standard di sicurezza e di etichettatura degli alimenti al pari di qualsiasi prodotto importato nell’Ue da un Paese terzo, soddisfacendo al massimo le norme di sicurezza alimentare».
Ora la parola è al difficile processo politico e istituzionale che dovrebbe concludersi il 31 dicembre 2020: «i tempi sono limitati – conclude De Castro – ma non possiamo permetterci un accordo minimo per i nostri produttori e consumatori».

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