Frumento tenero: sempre più da commodity a speciality
Gli italiani mangiano sempre meno pane. In particolare diminuisce il consumo del tradizionale pane di frumento tenero, tanto che l’Italia con 41 kg a testa occupa il livello più basso nella ideale classifica europea. In compenso sono saliti i consumi dei prodotti sostitutivi del pane.
Secondo una recente indagine di Italmopa, Associazione industriali mugnai d’Italia, il 72% degli italiani consuma abitualmente pane di farina bianca, mentre crescono fortemente i consumatori di pane integrale (39% del campione intervistato), di pane di semola di grano duro (28%) e a base di più cereali (24%). Il 24% degli intervistati ha poi dichiarato che intende incrementare il consumo di pane ottenuto da farine bio, il 19% da farine di grani antichi e il 18% da farine macinate a pietra.
Insomma il trend è a favore di una maggiore diversificazione dei prodotti e, di conseguenza, delle materie prime che ne sono alla base.
Per gli agricoltori questa evoluzione dei consumi può rappresentare un’opportunità economica interessante, soprattutto per quelli disposti a specializzarsi, uscendo così dall’ottica attuale che vede il frumento tenero come una banale «commodity».
Negli ultimi anni si è così passati dalla coltivazione dei soli frumenti panificabili, i cosiddetti «misti rossi», a una notevole differenziazione delle varietà in funzione dei loro utilizzi. Ad esempio è in rapida crescita la quota di mercato dei frumenti «di forza», indispensabili all’industria dei prodotti da forno dolciari, dei quali l’Italia è un forte esportatore, ma che trovano ormai ampio impiego anche per altri prodotti come merendine, farine per pizza, ecc.
I frumenti di forza oggi spuntano sul mercato prezzi superiori rispetto ai normali panificabili tra il 5 e il 10%, però non possono essere coltivati in tutte le aree produttive.
Un discorso a parte vale per i frumenti «biscottieri». Da diversi anni le industrie non propongono contratti specifici di coltivazione, salvo poi lamentarne la mancanza quando l’offerta è troppo bassa, tuttavia recentemente qualche trasformatore sta cercando di riattivare filiere specifiche anche per questa tipologia.
Vi sono poi nicchie industriali particolari. È il caso ad esempio dei frumenti con alto contenuto in glutine per l’utilizzazione nelle amiderie o i frumenti waxy, per ottenere farine con un basso contenuto di amilosio da impiegare nell’industria alimentare.
Oggi infine si parla sempre più di sostenibilità della produzione. E così il primo gruppo agroalimentare italiano, Barilla, ha redatto per i propri fornitori la «Carta del Mulino», che consiste in dieci regole per la coltivazione sostenibile del frumento tenero.