20 Giugno
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Export agroalimentare 2019 ok, nonostante il perdurare dell’embargo russo

I dati Istat sul commercio estero agroalimentare riferiti ad aprile fanno registrare un aumento record dell’8%, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. A spingere la domanda estera dell’alimentare nazionale è – precisa la Coldiretti – il boom fatto registrare dalle esportazioni negli Stati Uniti, dove si registra un aumento del 16,6% nonostante il clima di incertezza legato ai dazi minacciati dal presidente Donald Trump contro una serie di prodotti europei.

In controtendenza rispetto al positivo quadro generale appare invece il settore ortofrutticolo che, purtroppo, perde colpi. Le elaborazioni dei dati Istat effettuate da Fruitimprese, l’Associazione nazionale degli esportatori e importatori di prodotti ortofrutticoli, riferite in questo caso al primo trimestre dell’anno, dicono che le vendite all’estero del settore hanno perso, su base annua, il 3,3%, con l’export sceso a 1,2 miliardi di euro.

Un peggioramento che il settore sta vivendo ormai da diversi anni, da quando è venuto a mancare lo sbocco russo, vale a dire dal 2014, quando Mosca varò l’embargo, ancora attivo, su diversi prodotti agroalimentari, come contromisura alle sanzioni dei Paesi occidentali. Ma anche da quando alcuni clienti storici hanno iniziato a ridurre gli acquisti dall’Italia, per questioni interne, come la Libia e altre Nazioni del Nord Africa, o per il pressing di Paesi concorrenti, vecchi e nuovi, che hanno sottratto quote di mercato al made in Italy.

Rispetto al periodo pre-embargo, precisa l’Ismea, l’agroalimentare italiano ha registrato danni per mancate esportazioni pari a 217 milioni di euro, con frutta fresca, carni, latte e derivati che perdono rispettivamente 112, 57 e 48 milioni di euro, penalizzando fortemente prodotti come uva, mele, kiwi, pesche, formaggi freschi e stagionati, carni bovine.

Si tratta di prodotti spesso fortemente legati ad aree circoscritte come Trentino Alto Adige, Emilia Romagna, Puglia e Lazio, per le quali il danno economico è stato ancora più rilevante, sottolinea l’Ismea.

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