Emissioni in atmosfera: quanto conta l’agricoltura
Negli ultimi anni, e in particolare in questi mesi di emergenza sanitaria, il settore agricolo è stato più volte chiamato in causa sul tema dell’inquinamento atmosferico, e non sempre in modo corretto.
Un utilissimo strumento per capire come stanno realmente le cose è rappresentato dal recente studio dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) presentato lo scorso 21 aprile.
Il rapporto fa innanzi tutto una distinzione tra gas serra e inquinanti atmosferici, in particolare ammoniaca.
I gas serra del settore agricoltura, circa 30 milioni di tonnellate di CO2 equivalente nel 2018, sono diminuiti del 13% rispetto al 1990 e rappresentano il 7% del totale, contro l’80% del settore energetico e l’8% dei processi industriali.
Il calo è imputabile principalmente alla diminuzione del numero di animali allevati, in particolare di bovini, alla riduzione dei fertilizzanti sintetici e, in minor parte, al crescente impiego del biogas.
Sempre riguardo ai gas serra di origine agricola, il 79% arriva dagli allevamenti, mentre il 10% proviene dall’uso dei fertilizzanti sintetici, il 5% dalla coltivazione del riso, da vari apporti di azoto ai suoli (quali incorporazione di residui colturali, uso di altri fertilizzanti organici, applicazione di fanghi da depurazione delle acque reflue, che complessivamente contribuiscono per circa un 5%), dall’applicazione di urea e calce ai suoli (1%), dalla combustione delle stoppie (0,1%).
Per quanto riguarda invece gli inquinanti atmosferici, principalmente ammoniaca, il settore agricolo contribuisce per il 94% del totale. Dal 1990 al 2018 le emissioni di ammoniaca sono comunque diminuite del 23%.
Complessivamente l’83% di queste sono a carico degli allevamenti e in particolare di bovini, suini e avicoli. La direttiva europea National Emission Ceilings fissa degli obiettivi di riduzione dell’ammoniaca al 2020 e al 2030 del 5% e del 16% rispetto ai livelli di emissione nazionale del 2005: secondo le attuali stime l’Italia sarebbe sulla buona strada per il conseguimento degli obiettivi, anche se, in particolare nelle aree con maggiore carico zootecnico, quelle del bacino padano, si dovranno fare ulteriori sforzi per ridurre le emissioni.