Emergenza cimice asiatica, danni per centinaia di milioni di euro
Secondo le stime elaborate dal Cso, il Centro servizi ortofrutticoli di Ferrara, i danni arrecati dalla cimice asiatica in questa campagna alle sole colture nazionali di pere, pesche e nettarine ammontano a oltre 350 milioni di euro. Per le pere in particolare, forse la coltivazione che ha subito i danni maggiori, l’Organismo interprofessionale stima un’offerta di circa 365.000 tonnellate, contro le 730.000 del 2018 e le 934.000 tonnellate raggiunte nel 2011, ultimo anno di produzione piena. Un livello così basso non si era mai avuto in precedenza. In Emilia Romagna, dove si concentra la produzione, il raccolto 2019 è stimato su circa 243.000 tonnellate, contro le 357.000 previste a inizio luglio, livello già altamente deficitario rispetto al potenziale della regione, e questa forte differenza è imputabile essenzialmente ai gravissimi problemi derivanti dalla diffusione della cimice asiatica e dall’alternaria.
È emersa così in tutta la sua gravità la dimensione dell’emergenza, con tante aziende agricole, non solo in Emilia-Romagna, ma anche in Veneto, Lombardia e Piemonte che rischiano di dover chiudere i battenti se la calamità persiste. Non potrebbero infatti sopportare un’altra annata di deprezzamento e perdita di prodotto. Questo vale soprattutto per le realtà minori, per le piccole produzioni, ma tocca anche tutte le altre aziende. Tante attività sono a forte rischio, in quanto chiuderanno il fatturato 2019 a reddito «zero» e saranno probabilmente costrette a chiedere finanziamenti alle banche.
Servono dunque risposte immediate per sostenere le filiere colpite, l’ortofrutta in particolare, per indennizzare gli agricoltori e per finanziare l’acquisto di difese meccaniche e la ricerca in tale ambito.
Vista l’entità economica dei danni, secondo l’assessore all’agricoltura dell’Emilia-Romagna, Simona Caselli, «i finanziamenti andranno trovati in seno alla prossima legge finanziaria e noi vigileremo perché sia garantita la necessaria e congrua copertura al provvedimento».
«L’altra cosa importante – ha aggiunto Caselli − è evitare che gli agricoltori decidano di espiantare: un disastro economico-sociale cui si aggiungerebbe un disastro ambientale».