Dagli scarti di pomodoro un compost che cura le malattie delle piante
Gli scarti di pomodoro che derivano dalla produzione di passate e pelati possono essere utilizzati come materia prima per ottenere un compost che, oltre a fertilizzare il terreno, è in grado di uccidere molti microorganismi all’origine delle malattie delle piante.
La scoperta si deve ai ricercatori del Gruppo Ricicla dell’Università Statale di Milano, che hanno lavorato insieme ai colleghi dell’Ateneo di Torino.
«L’idea è partita da una studentessa», spiega Barbara Scaglia della Statale di Milano, responsabile della ricerca. «Da tempo sapevamo che il compost può avere in certe condizioni proprietà patogeno-repressive. Noi abbiamo scommesso sul fatto che una biomassa omogenea come quella delle buccette di pomodoro, diversa dall’organico che viene dalla raccolta urbana dei rifiuti, per sua natura eterogeneo, desse un compost con un’efficacia costante». I primi esperimenti nei laboratori condotti dal Gruppo Ricicla sono iniziati a settembre 2014. Successivamente, il compost ottenuto è stato testato in serra dagli scienziati della AgriNewTech, spin-off dell’università di Torino. «Abbiamo ottenuto un compost molto simile alla torba per alcune sue caratteristiche chimico-fisiche», dice Scaglia, «lo abbiamo poi testato su piantine di pomodoro “cuore di bue”, con l’idea di chiudere il cerchio produttivo. I primi risultati hanno evidenziato che il compost è capace di abbattere un patogeno fungino molto comune». In pratica, si instaura una competizione tra i batteri presenti nel compost e i microrganismi dannosi. In questa lotta, i primi riescono a prevalere, salvaguardando la pianta e permettendo di ridurre l’uso di prodotti chimici di sintesi.
In questo modo, grazie a tecnologie già collaudate come il compostaggio e la digestione anaerobica, gli scarti ottenuti dalla lavorazione del pomodoro, che solo in Italia ammontano ogni anno a 140mila tonnellate, potranno avere un utilizzo diverso da quello attuale. «Da una biomassa di cui oggi ci si preoccupa solo di ridurre i costi di smaltimento», conclude Barbara Scaglia, «si potrebbe ottenere un prodotto da utilizzare nelle coltivazioni, con vantaggi economici e ambientali».
(© Osservatorio AGR)