11 Aprile
imprese & mercati

Crolla l’import italiano di grano duro canadese

Lo scorso anno il Canada, storico fornitore di grano duro per l’industria pastaria nazionale, ha inviato in Italia appena 220.000 tonnellate di prodotto, contro le 720.000 del 2017 e oltre 1 milione di tonnellate del 2016.

 

In appena tre anni quindi le spedizioni verso l’Italia dal primo produttore ed esportatore al Mondo di frumento duro si sono ridotte di quasi l’80%.

 

Alla luce di queste cifre, il Canada quest’anno avrebbe ridotto del 20% le semine a frumento duro, trovandosi nell’esigenza di alleggerire la massa d’offerta e di spuntare prezzi migliori sui mercati mondiali.

 

Dietro al tracollo del prodotto canadese ci sarebbero fattori economici, legati alla perdita di competitività sui mercati internazionali, e di reputazione, conseguenti al peggioramento d’immagine associato alle vicende dell’erbicida glifosate. In Canada infatti il grano duro viene trattato con il glifosate in preraccolta per favorire la maturazione dei chicchi, secondo modalità vietate in Italia.

 

Naturalmente sul fenomeno hanno influito anche gli ottimi raccolti italiani, che i dati dell’Istat attestano per il 2016 a oltre 5 milioni di tonnellate e a circa 4,2 milioni di tonnellate sia nella campagna 2017 sia l’anno scorso.

 

Il frumento canadese in passato era arrivato a coprire il 50% delle importazioni italiane, ma ora è ridotto a un ruolo marginale e sovrastato dai grani francesi. Parallelamente al drastico calo dell’import canadese si è infatti registrata una crescita esponenziale degli arrivi dalla Francia, che da meno di 130.000 tonnellate del 2016 si sono spinti, l’anno scorso, oltre le 530.000 tonnellate.

 

Nel 2018, secondo dati Italmopa, l’Associazione nazionale dell’industria molitoria, le importazioni di frumento duro sono risultate di poco superiori a 2 milioni di tonnellate e i grani esteri hanno rappresentato una quota del fabbisogno nazionale pari al 31%. Nel 2014 l’import era di gran lunga maggiore, con il tasso di dipendenza dall’estero che risultava vicino al 50%.

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