Cresce il mercato nazionale dei piccoli frutti
Lentamente, ma inesorabilmente, anche i consumatori italiani stanno modificando i loro gusti per quanto riguarda l’acquisto di frutta. In questo contesto i frutti di bosco o piccoli frutti, rappresentati in primo luogo dai mirtilli (rossi e neri) e poi da lamponi, more, ribes, uva spina, fragole e fragoline di bosco, sono diventati sempre più familiari anche ai consumatori più distratti, che non hanno potuto fare a meno di osservarli sui banchi dei supermercati, ben confezionati in vaschette trasparenti contenenti una o più specie, tanto da essere presentati come «misto bosco».
Per le sue importanti proprietà salutistiche, l’attenzione dei produttori, in tutto il mondo, si è particolarmente concentrata sul mirtillo, che viene coltivato su circa 120.000 ettari, con una produzione complessiva che sfiora 825.000 tonnellate (6,9 t/ha) ed è stimata in aumento.
I più importanti produttori mondiali di mirtilli sono gli Stati Uniti (309.000 t), il Canada (176.000 t) e il Perù (143.000 t).
In Italia il consumo è ancora relativamente scarso (siamo a meno di un quarto rispetto a Gran Bretagna e USA) e ciò lascia ben sperare chi ha deciso di trasformare parte, o tutta, la sua azienda per dedicarsi alla coltivazione dei piccoli frutti.
Sui grandi mercati di ridistribuzione, il massimo della presenza dei piccoli frutti, di provenienza nazionale, lo troviamo nel periodo che va da giugno a settembre e, in quel periodo, sono molto rari i momenti di «stanchezza» della domanda. Al contrario, sono stati parecchi i momenti in cui la domanda superava l’offerta.
I prezzi estivi di more, mirtilli, lamponi, ribes e uva spina sono oscillati fra 10 e 12 euro/kg, le «fragoline di bosco» erano pagate anche 20-22 euro/kg e le padelline di «misto bosco» erano trattate fra 11 e 13 euro/kg.
Nella prima decade di ottobre, dal mercato di Palermo a quello di Verona o Torino, con buona parte delle specie provenienti anche dall’estero (Spagna e Marocco) i prezzi scaturiti dalle contrattazioni sono stati compresi fra 12 e 17 euro/kg e buona parte della domanda doveva accontentarsi di forniture che rappresentavano solo il 70-80% delle richieste.