5 Maggio
innovazione

In Cile gli ortaggi si coltivano nel deserto con l’acqua di mare non desalinizzata

Produrre ortaggi irrigati con acqua di mare non desalinizzata. È il risultato raggiunto da un team di agronome che, sviluppando un progetto di ricerca dell’Università Cattolica del Cile Settentrionale, è riuscito a coltivare bieta e pomodori ciliegini nella zona costiera del deserto di Atacama, il più arido del mondo.

 

Utilizzando acqua salata, le verdure non solo non sono morte, ma si sono rivelate di sapore gradevole e più ricche di sostanze nutrienti rispetto ad altre coltivate con metodi tradizionali.

 

Non è la prima volta che si tenta di produrre piante con l’acqua di mare, ma di solito questa subisce prima un processo di desalinizzazione.
La chiave dell’esperimento cileno è che gli ortaggi non ricevono l’acqua dall’alto bensì dal basso, sfruttando una proprietà chiamata capillarità. Le ricercatrici hanno collocato le piante su tre livelli: alcune con circa 40 centimetri di terra sotto, altre con 80 centimetri di terra e le ultime con 110 centimetri. L’acqua di mare scorreva sotto di loro. «La risalita capillare è una proprietà dei liquidi: l’acqua comincia a salire e i sali restano depositati nel substrato su cui sono collocate le piante», ha spiegato la direttrice del progetto, Natalia Gutierrez Roa.

 

Le migliori piante di bieta sono risultate quelle più vicine all’acqua, cresciute fino a mezzo metro. I migliori pomodori sono stati invece quelli del livello più profondo, che hanno sviluppato piante alte fino a 70 centimetri. L’esperimento è stato condotto con questi tipi di ortaggi perché sono i più tolleranti alla salinità, ma presto ci saranno le prove anche con il basilico e la quinoa. Le verdure dell’esperimento si sono anche dimostrate più nutrienti perché l’acqua di mare è ricca di minerali, quali azoto, fosforo e potassio, che l’agricoltura moderna aggiunge con i fertilizzanti.

 

Il deserto di Atacama copre il 14% della superficie del Cile, un Paese che ha la costa lungo tutta la sua lunghezza. I ricercatori sperano che questo progetto, costato 34 milioni di pesos (49mila euro), si possa ora replicare nel nord del Paese, la zona con maggiore scarsità di acqua per l’irrigazione. Poter impiegare l’acqua salata in agricoltura rappresenterebbe un traguardo notevole, se si pensa che il mare costituisce ben il 97% di tutta l’acqua sul pianeta. L’acqua dolce non supera il 3%, comprendendo anche ghiacciai e falde acquifere sotterranee che non sempre possono essere sfruttate per il consumo umano.

(© Osservatorio AGR)

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