Il cambiamento climatico diminuirà fino al 13% il reddito delle imprese agricole
Il cambiamento climatico tra il 2030 e il 2040 aumenterà la probabilità di danni da ondate di calore dal 5% degli anni ’90 sino al 49,5%, provocando, per alcune tipologie di aziende agro-zootecniche, una riduzione del reddito netto medio compresa tra il 5 e il 13%, spesso superiore ai margini economici di sostenibilità delle imprese.
È quanto emerso nel corso del convegno “Agricoltura e cambiamenti climatici: sfide e opportunità”, organizzato presso il Mipaaf dal Nucleo di ricerca per la desertificazione dell’Università di Sassari, nell’ambito del progetto europeo Macsur-Modelling European Agriculture for Food Security with Climate Change.
Nel corso dei lavori sono stati presentati sette casi di studio, con analisi condotte e contestualizzate nelle principali realtà agricole italiane, da cui emerge il forte impatto del clima sull’agricoltura e la zootecnia.
I dati relativi al 2017 indicano tale anno come il più secco degli ultimi due secoli, con danni stimati pari a circa 2 miliardi di euro, gran parte dei quali dovuti alla siccità. Solo in ottobre, nel territorio della Penisola sono mancati complessivamente 19 miliardi di metri cubi di acqua piovana.
Fino ad oggi la “questione clima” – è stato sottolineato nel convegno – si è affrontata sempre e soltanto gestendo la crisi, l’emergenza, piuttosto che pianificando tecniche e strategie di prevenzione utili alla mitigazione dell’impatto. Occorre dunque un cambio di paradigma, in grado di mettere a confronto in modo costruttivo i diversi attori e portatori di interesse del mondo agricolo nazionale ed europeo: imprenditori, ricercatori, tecnici e decisori politici.
«L’impatto del cambiamento climatico in agricoltura non può essere facilmente generalizzato», ha dichiarato Pier Paolo Roggero, professore presso il dipartimento di Agraria dell’Università di Sassari.
«Per esempio», spiega Roggero, «quest’anno, così caldo e siccitoso, ha visto alcune produzioni calare (mais in Pianura padana), altre invece migliorare in qualità e diminuire in quantità (uva da vino), altre ancora migliorare in qualità e quantità (olivo da olio in Sardegna). Dunque, in ogni situazione c’è chi vince e chi perde. Ma, complessivamente, le crisi climatiche portano il sistema a perdere, soprattutto quando si verifica una forte specializzazione delle produzioni in pochi distretti, perché aumentano i rischi e la vulnerabilità del sistema nel suo complesso, con inevitabili riflessi sui prezzi dei prodotti con effetti a catena sull’intero sistema economico. Questo sta accadendo anche su scala mondiale».
(© Osservatorio AGR)