Boom delle importazioni di risi di varietà Japonica da Myanmar
La clausola di salvaguardia, che nei mesi scorsi ha reintrodotto le tariffe doganali sulle importazioni di riso di varietà Indica dai Paesi del Sud-est asiatico, ha tutelato i produttori di riso europei, e in particolare quelli italiani, ma ora, per non perdere quote di mercato nell’Ue, gli operatori birmani sono passati al contrattacco, inviando in Europa quantità rapidamente crescenti di risi di varietà Japonica non soggette al pagamento del dazio.
Secondo i dati forniti dalla Commissione europea, dall’inizio della campagna fino al 31 marzo scorso l’Ue ha importato dal Myanmar 22.755 tonnellate di riso lavorato Japonica, il 54% delle quali rappresentate da riso Lungo A, mentre nel solo mese di aprile le importazioni hanno riguardato ben 11.261 tonnellate.
Secondo l’Ente nazionale risi, è di vitale importanza che la Commissione europea monitori la situazione e agisca tempestivamente, senza la necessità di una domanda da parte di uno Stato membro, per aprire un’inchiesta al fine di accertare le condizioni per il ripristino dei normali dazi della tariffa doganale comune, applicando l’articolo 24 del regolamento (Ue) n. 978/2012.
Se fosse accertato che le importazioni di riso lavorato Japonica dal Myanmar sono causa di gravi difficoltà per i coltivatori dell’Ue, dato che il prodotto rappresenta il 75% della produzione totale europea, la Commissione dovrebbe infatti intervenire di sua iniziativa adottando un atto di esecuzione immediatamente applicabile per il ripristino dei normali dazi della tariffa doganale comune per un periodo massimo di un anno, riservandosi azioni più incisive e determinanti.
Per giunta, quello dei lunghi A è anche il gruppo varietale che sta crescendo maggiormente in Italia. Il sondaggio sulle semine 2019 attestava a 104.000 ettari le superfici investite in queste tipologie, corrispondenti a un aumento del 3,3% su base annua. Si tratta di un’area pari al 47% dell’intera superficie risicola nazionale, stimata attorno a 220.000 ettari. Per gli Indica (gruppo lungo B), che dopo lunghe battaglie godono adesso della protezione daziaria dell’Ue, le previsioni mostrano invece un quadro stagnante, con la conferma di poco più di 51.000 ettari seminati.