Biogas: il modello italiano si distingue per la qualità
Con 1200 megawatt di potenza elettrica installata, equivalente a una produzione di biometano pari a 2,4 miliardi di metri cubi l’anno, l’Italia è il quarto produttore mondiale di biogas in agricoltura, dopo Germania, Cina e Stati Uniti. È quanto emerge dai dati diffusi in occasione della terza edizione di Biogas Italy, “L’alba di una rivoluzione agricola”, appuntamento annuale del Consorzio italiano biogas (Cib), che ospita, a Roma, anche gli “stati generali” del settore.
L’Italia ha le potenzialità per produrre entro il 2030 fino a 8,5 miliardi di metri cubi di biometano, pari a circa il 12-13% dell’attuale fabbisogno di gas naturale.
La filiera del biogas-biometano risulta inoltre il settore a maggiore intensità occupazionale tra le energie rinnovabili, con 6,7 addetti per megawatt installato, e ha già favorito la creazione di oltre 12mila posti di lavoro stabili e specializzati.
Ma è sotto il profilo qualitativo che il modello italiano sembra avere pochi uguali al mondo. Ecofys, società internazionale leader nella consulenza energetica e climatica, in collaborazione con l’Università di Wageningen (Olanda) e con il Centro Ricerche Produzioni Animali di Reggio Emilia (CRPA), ha analizzato il modello e disciplinare di produzione promosso dal Consorzio italiano biogas, denominato “Biogasdoneright” (Biogasfattobene), concludendo che «la produzione di biogas e biometano secondo i princìpi del “Biogasdoneright” ha ricadute positive misurabili non solo con l’aumento delle produzioni alimentari e foraggere, ma anche con il miglioramento di livelli di biodiversità, qualità e nutrienti del suolo grazie all’uso del digestato. Il modello italiano si basa sul criterio delle doppie colture: una coltura invernale denominata “di copertura” viene aggiunta a quella convenzionale del periodo estivo, senza necessità di irrigazione o fertilizzazione aggiuntiva, grazie alle condizioni di umidità favorevoli».
Anche alla luce di tali risultati, nel corso di Biogas Italy è stata decisa la costituzione di un team di esperti internazionali, coordinati dal professor Bruce Dale della Michigan University, che valuterà i princìpi del modello italiano, verificandone l’esportabilità nei vari contesti internazionali.
«Sin dalla nostra costituzione 10 anni fa», osserva Piero Gattoni, presidente del Cib, «ci siamo posti l’obiettivo di promuovere un percorso di sviluppo della digestione anaerobica in azienda agricola che permettesse di continuare a produrre cibo e foraggi di qualità, in modo ancora più sostenibile e a costi minori, utilizzando sottoprodotti e colture di integrazione, come quelle di secondo raccolto che altrimenti non avrebbero avuto mercato. L’interesse di importanti studiosi internazionali per approfondire scientificamente quello che noi stiamo sperimentando nella pratica della gestione delle nostre aziende ci motiva a continuare lungo una strada che può portare le nostre aziende ad essere più competitive e sostenibili».
(© Osservatorio AGR)