Avvio fiacco della campagna patate
È partita inaspettatamente in salita la campagna di raccolta delle patate italiane. Dagli inizi di luglio i primi tuberi scavati nelle tipiche aree di produzione venete ed emiliane, pur presentandosi con una qualità decisamente buona, hanno dovuto fare i conti con una domanda incerta, distratta da altre offerte. Molti imprenditori agricoli quest’anno, memori dell’ottima annata 2019, avevano scelto di seminare patate anziché altre colture, nella speranza di guadagnare margini sufficienti a ripagare gli investimenti fatti per migliorare la resa dei terreni e la qualità del prodotto. Invece finora le loro aspettative sono andate deluse, con prezzi all’origine insoddisfacenti.
Nel Veronese, in particolare, nel comprensorio di Cologna Veneta, la remunerazione è talmente bassa da non ripagare in molti casi i costi colturali e qualche produttore è arrivato a regalare il prodotto o, peggio ancora, ha rinunciato allo scavo. E pensare che le attese degli operatori a fine giugno erano improntate all’ottimismo, dopo che il mercato delle patate frigoconservate era terminato anzitempo, con i magazzini svuotati dalla corsa gli acquisti verificatasi durante il lockdown per il coronavirus, mentre quello delle novelle era in via di esaurimento con soddisfazione di tutti gli attori della filiera.
A fine luglio stanno terminando le raccolte in Emilia Romagna e nel Veneto, dove le rese produttive sono discrete e sovente superano le 50 tonnellate per ettaro, nonostante la scorsa primavera non sia stata una stagione facile, caratterizzata da piogge sporadiche, se non assenti. Gli agricoltori sono perciò stati costretti a irrigare per permettere alle piante di crescere e di sviluppare i tuberi, con un aggravio dei costi colturali.
Nella pataticoltura moderna, infatti, il controllo e la corretta gestione dell’acqua nei terreni coltivati sono ormai elementi imprescindibili per ottenere i migliori risultati in termini di resa e qualità, massimizzando l’efficienza d’uso di questa risorsa sempre più scarsa. E pur essendo la patata un prodotto “povero”, le aziende più sensibili all’innovazione hanno effettuato investimenti importanti nelle moderne tecnologie digitali, che offrono l’opportunità di monitorare costantemente la disponibilità idrica del suolo attraverso sonde e di modulare l’irrigazione a seconda delle reali necessità della pianta.