Arriva il Fondo grano duro, ma la produzione nazionale è in calo
La buona notizia per i produttori italiani di frumento duro è arrivata qualche giorno fa: sulla Gazzetta Ufficiale del 7 luglio è stato infatti pubblicato l’atteso decreto del Mipaaf che contiene i criteri per la ripartizione delle risorse del Fondo grano duro, destinato agli agricoltori che sottoscrivono i contratti di filiera.
Il regime di sostegno è stato attuato a partire dal 2017 (con troppi ritardi nei pagamenti) e prevede un aiuto ad ettaro fino a 100 euro, nei limiti di 50 ettari coltivato a frumento duro in filiera e funzionante con le regole del de minimis agricolo.
Con il provvedimento Mipaaf sono stati stanziati nuovi fondi per il triennio 2020-2022 e in più sono state mobilitate risorse che vanno sullo stanziamento 2019. In tutto, sono ora disponibili 40 milioni di euro: 10 per ciascuna delle annualità considerate.
Beneficiano del contributo a superficie le imprese agricole che hanno sottoscritto un contratto di filiera almeno triennale, entro il 31 dicembre dell’anno precedente alla scadenza della domanda di contributo. Ora Agea dovrà emanare la circolare con le modalità e la tempistica di presentazione della domanda.
Ma dal settore cerealicolo arrivano anche le ultime stime sul raccolto 2020 e non sono positive: nonostante l’incremento delle superfici, la produzione nazionale di frumento duro dovrebbe arrivare quest’anno a circa 3,9 milioni di tonnellate, il 2,5% in meno rispetto alla produzione 2019 stimata in 4 milioni di tonnellate.
Ricordiamo che secondo Italmopa il fabbisogno dell’industria molitoria italiana è superiore a 5,8 milioni di tonnellate.
La riduzione della produzione nazionale di grano duro dipende in larga misura dalla contrazione del 25% della produzione della Puglia, causata dall’anomalo andamento climatico.
«Per quanto concerne l’aspetto qualitativo – dice Francesco Divella, presidente della Sezione Molini a frumento duro Italmopa – registriamo in Sicilia e Puglia un incremento di circa 1 punto percentuale del tenore in proteine, tradizionalmente considerato il principale parametro qualitativo, mentre nelle altre regioni produttrici la situazione appare, sotto questo aspetto, meno favorevole ma comunque complessivamente soddisfacente».