18 Febbraio
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Unione italiana vini, da Brexit conseguenze peggiori del previsto

Cresce l’allarme per l’agroalimentare. I lunghi tempi d’attesa in dogana hanno fatto impennare soprattutto i costi del trasporto su gomma, con aggravi a carico delle cantine europee. Pesante anche il conto per Londra, -68% l’export a gennaio 2021.

 

Il post Brexit parte in salita. E più si avanza, più il sentiero si inerpica. Le zavorre dei nuovi controlli e delle verifiche sugli scambi commerciali tra l’Ue e il Regno Unito e gli intoppi dovuti alle “non conformità” sulle caratteristiche delle merci e sull’Iva hanno lasciato già un segno tangibile sulla bilancia commerciale di Londra, facendo crollare l’export del Regno Unito verso il blocco dei paesi Ue. A questi elementi si aggiungono le rigidità imposte dal rispetto delle regole di origine e una serie di altre questioni, per lo più di ordine burocratico e amministrativo, alla base del tracollo dell’export “made in Uk”, denunciato dall’associazione dei trasportatori britannici e quantificato in un meno 68% a gennaio 2021.

 

Il resto è cronaca, con tempi d’attesa dilatati in dogana e un corollario di maggiori oneri che hanno fatto impennare soprattutto i costi del trasporto su gomma, dopo il ripristino dei controlli alle frontiere, in un momento peraltro già difficile per le restrizioni anti contagio imposte dall’emergenza Covid-19.

 

A pagare “dazio” – anche senza oggettivi aggravi tariffari che gli accordi con Bruxelles hanno, se non altro, evitato – sono soprattutto i prodotti alimentari, con i più deperibili, ortofrutticoli in primis, soggetti alle maggiori ripercussioni negative.

 

Insomma, il post-Brexit – lo scrive in una nota l’Unione italiana vini (Uiv) – sta causando disagi più allarmanti di quanto inizialmente stimato.

 

Dai risultati di un’inchiesta pubblicati sul settimanale dell’Uiv, Il Corriere Vinicolo, la situazione ha già raggiunto un altissimo livello d’allarme, coinvolgendo diversi fronti: da quello logistico, con l’eurotunnel che viaggia a rilento e con il sistema doganale inglese che sta soffrendo per il sovraccarico di lavoro, a quello informatico, inceppato dal disallineamento tra i sistemi informativi dell’Ue e quelli del Regno Unito.

 

A peggiorare le cose sono i costi, più o meno occulti, introdotti del sistema di sdoganamento delle merci, spiegano gli operatori intervistati: un gruppo selezionato tra produttori, importatori e spedizionieri.

 

Altro elemento di preoccupazione, questo principalmente a spese delle cantine, è il cambio di formula sugli accordi di gestione del trasporto e delle pratiche doganali che stanno aggravando i costi a carico delle imprese.

 

Fenomeni – scrive l’Uiv – confermati dalla Wsta, l’associazione britannica che riunisce oltre 300 operatori, tra importatori, distributori e aziende di trasporto del settore wine & spirit– che ha dato, però, almeno un segnale rassicurante sul fronte delle accise.

 

A unirsi alle preoccupazioni dei vitivinicoltori è l’Alleanza cooperative, che auspica una flessibilità delle operazioni in dogana e un rapido percorso di semplificazione, per una più fluida gestione dei transiti sia pure nell’esigenza di assicurare maggiori controlli.

 

C’è poi il tema dei marchi protetti e delle indicazioni geografiche, con le nuove Dop e Igp che per ottenere il riconoscimento oltre Manica dovranno seguire una nuova procedura nazionale, con conseguente inasprimento dei costi e allungamento dei tempi.

 

Spostando lo sguardo negli Usa, dove la situazione, sul fronte dei dazi, è in continua evoluzione, le notizie di questi giorni sono decisamente migliori per le cantine italiane.

 

Dall’Amministrazione Biden – spiega l’Uiv – sono emersi i primi segnali di disgelo, con il rappresentante per il commercio Usa (Ustr), che non proporrà revisioni alle attuali tariffe sulle merci Ue nella controversia commerciale Boeing-Airbus. “Da giorni – riferisce il segretario generale Uiv, Paolo Castelletti – si discute di una possibile mutua sospensione dei dazi come primo atto di distensione delle relazioni transatlantiche”.

 

Una cronistoria che risale alla fine del 2019, quando in sede Wto (Organizzazione mondiale del commercio) gli Stati Uniti avevano ricevuto il via libera a imporre dazi su quasi 7,5 miliardi di dollari di beni e servizi europei.

 

Per i vini italiani non ci sono state conseguenze da questa vicenda, che ha riguardato direttamente l’industria aeronautica ma che ha coinvolto nella disputa commerciale un’ampia gamma di prodotti agroalimentari. I dazi hanno, invece, pesantemente colpito alcuni vini francesi, tedeschi e spagnoli, determinando pesanti conseguenze su volumi e fatturati oltre Atlantico.

 

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