29 Aprile

Suinicoltori in difficoltà, ma uscire dalla crisi è possibile

Da mesi prezzi in costante calo, suinicoltori in difficoltà. È necessario agire sulla programmazione produttiva dei prosciutti dop, che va migliorata, ma anche sull’apertura di nuovi sbocchi di mercato e sull’avvio di campagne promozionali.

 

Le difficoltà del settore suino hanno raggiunto dimensioni preoccupanti in Italia, anche se nelle ultime settimane c’è stata un’inversione di tendenza e le quotazioni hanno risalito parzialmente la china.

 

A metà aprile, si è avuta la quarta settimana di seguito con prezzi in rialzo: il minimo è stato registrato a metà marzo con 1,137 euro/kg per i suini pesanti della tradizione italiana, un mese dopo si è toccato 1,282 euro/kg, con un incremento cumulato del 12,75% (i dati sono di fonte Crefis).

 

Il recupero c’è, ma si è assai lontani dai massimi raggiunti nell’estate del 2017, quando la quotazione si avvicinava a 1,8 euro/kg. La conclusione è semplice: il movimento al rialzo dei listini registrato nell’ultimo mese è ancora flebile, decisamente poco per dare tranquillità agli allevatori.

 

Anche a livello europeo la situazione di mercato è sotto stretta osservazione da parte dei servizi della Commissione, ma lo scarto rispetto ai massimi del passato è inferiore rispetto a quanto si verifica oggi in Italia.

 

Come hanno evidenziato i più esperti tra gli analisti del mercato, la filiera nazionale sconta qualche problema supplementare e non riesce a tenere testa all’agguerrita concorrenza degli altri Paesi membri dell’Unione Europea, come Germania, Spagna e Olanda.

 

Il sistema della programmazione produttiva dei prosciutti a denominazione di origine è contestato, perché avrebbe fornito risultati deludenti negli ultimi tempi, a differenza di quanto si è verificato per settori affini, come quelli dei grandi formaggi della tradizione nazionale, fatta esclusione del Pecorino Romano dop.

 

Inoltre, gli operatori lamentano una contrazione dei consumi, derivante essenzialmente dalle preferenze dei consumatori verso trasformati con meno grassi e, sotto questo specifico profilo – si sa – i salumi italiani autentici non rispondono a tali canoni, derivando da animali macellati in età più avanzata e quindi con un contenuto di grasso superiore.

 

Le crisi del mercato suinicolo non sono una novità e nemmeno una rarità. Si ripresentano con una certa cadenza, alternando, così, momenti favorevoli che assicurano agli allevatori margini di redditività soddisfacenti, a fasi di depressione delle quotazioni che creano alle aziende problemi di liquidità.

 

Cosa fare per uscire dal tunnel della crisi? Per prima cosa non bisogna confidare solamente sugli interventi di emergenza dell’Unione europea e quelli a livello nazionale. Anche perché l’attivazione di tali misure è lenta e incerta politicamente.

 

Nel cosiddetto decreto emergenze, che riguarda olio di oliva (xylella), agrumi e Pecorino, si sta cercando di inserire anche un capitolo per la suinicoltura, ma ci sono delle resistenze, dovute in realtà alla scarsità delle risorse pubbliche disponibili. È evidente infatti che una nuova misura per i suini drena fondi dagli altri settori in difficoltà.

 

Ci sono state delle richieste di interventi di emergenza all’Unione europea, ma nell’ultimo Consiglio agricolo del 15 aprile scorso la questione è stata solo sfiorata, anche perché l’osservatorio di mercato della Commissione ha fornito dati che indicano il miglioramento deciso delle condizioni di mercato del comparto.

 

Non resta perciò che trovare rimedi a livello nazionale, utilizzando almeno due leve: la governance della filiera e le contromisure a livello di singolo allevamento.

 

Una prima opzione possibile riguarda una migliore programmazione produttiva dei prosciutti dop, in grado di conferire maggiore stabilità ai prezzi. Poi ci sono gli strumenti che una bene organizzata interprofessione potrebbe senz’altro utilizzare, come la promozione, la ricerca di nuovi mercati di sbocco, la valorizzazione dell’immagine del made in Italy, per arrivare fino alla regolazione dei rapporti tra i diversi anelli del sistema produttivo e a rapporti di mercato improntati alla trasparenza e alla collaborazione.

 

I singoli allevatori, infine, potrebbero utilizzare meglio gli strumenti di prevenzione e gestione dei rischi di mercato che oggi in Italia sono forniti con ampia scelta, anche grazie ai contributi comunitari e nazionali. E poi dovrebbero diversificare maggiormente la produzione, per non dipendere eccessivamente dalla sola filiera dei prosciutti dop.

 

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