11 Gennaio
approfondimenti

Squilibri di filiera: le conclusioni della task force europea

di Felice Adinolfi

Il rapporto sugli squilibri di filiera della task force europea

Dopo quasi un anno di lavoro è stato licenziato il rapporto finale della task force istituita dalla Commissione europea sul funzionamento dei mercati agroalimentari. I nodi critici alla base delle considerazioni e dei suggerimenti proposti dal gruppo di lavoro non sono nuovi: già da molti anni e con diverse iniziative sia la Commissione europea che il Parlamento europeo hanno, a più riprese, evidenziato la necessità di contenere gli squilibri negoziali che caratterizzano il funzionamento delle filiere agroalimentari.

 

Squilibri di filiera: i fattori determinanti

Lo sbilanciamento dimensionale e organizzativo che contraddistingue le fasi a valle della filiera rispetto alla parte agricola penalizza, infatti, quest’ultima nella distribuzione del valore aggiunto, soprattutto nei momenti di pressione al ribasso sui prezzi. Si tratta di una condizione con cui spesso gli agricoltori europei si sono trovati a che fare, in particolare negli ultimi anni. I riverberi sono stati pesanti, specie in alcuni settori (latte e ortofrutta su tutti), nei quali si sono innescati dei veri e propri processi di ristrutturazione che hanno visto la fuoriuscita di molti operatori.

 

La “clessidra” è l’immagine tradizionalmente evocata per raffigurare la particolare struttura delle filiere: una base molto ampia di agricoltori, un numero più ristretto di operatori della trasformazione industriale e più a valle una forte concentrazione dei soggetti della distribuzione, momento che costituisce il collo della clessidra. A questo segue la vastissima platea dei consumatori. Tale conformazione crea asimmetria informativa e mistrust che condizionano il processo di trasmissione dei prezzi e le modalità di distribuzione del valore aggiunto.

 

Gli orientamenti della task force europea

Le raccomandazioni del gruppo di lavoro confermano la necessità di alcuni interventi. Su tutti il rafforzamento dei meccanismi che rendono trasparente la lettura dei mercati e la sollecitazione a sviluppare formule di economia contrattuale entro le quali favorire forme di collaborazione tra gli operatori impegnati nelle diverse fasi della filiera capaci di perseguire interessi condivisi. Sul primo punto il gruppo di lavoro, preso atto dei passi importanti fatti dall’UE con l’introduzione di un sistema di reportistica puntuale dei prezzi (i cosiddetti “Commodity price dashboard” sono uno degli esempi citati), sollecita la possibilità di integrare le attuali basi informative con altri elementi utili alla lettura dei mercati. Sul secondo la task force sembra sposare l’idea di una possibile regolamentazione dei modelli contrattuali, così da rendere maggiormente equi e trasparenti gli indici utilizzati per la determinazione dei prezzi di conferimento e per la definizione dei contorni e delle modalità con cui i modelli contrattuali possono favorire il risk sharing tra i diversi soggetti coinvolti. Su quest’ultimo punto il gruppo di lavoro denuncia anche lo scarso risultato ottenuto dagli strumenti di gestione dei rischi introdotti con la riforma della Politica Agricola Comune (PAC) del 2013. Il livello delle produzioni assicurate è infatti sceso e le nuove opportunità, tra cui i fondi di stabilizzazione dei redditi, stentano a decollare.

 

Quali implicazioni per la PAC post 2020?

Infine, il report finale (vedi studio completo) lancia alcune suggestioni in vista della Comunicazione della Commissione sul futuro della PAC post 2020, che sarà presentata da qui a pochi mesi. Tra queste vale la pena sottolineare l’importanza attribuita ad un possibile cambio di paradigma del sistema dei pagamenti diretti, almeno per la componente destinata al sostegno dei redditi. Il gruppo di lavoro sollecita una maggiore integrazione tra questi e le misure di gestione dei rischi al fine di favorire un ruolo maggiormente anticiclico di questo strumento rispetto ad oggi.

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