Sos clima, maxi perdite nell’anno nero della frutta
Catastrofico il bilancio in Emilia-Romagna. Dal mondo agricolo richieste di aiuti e risarcimenti per evitare gli espianti e favorire il ricambio varietale.
Cia-Agricoltori Italiani e Confagricoltura Ferrara tirano le somme sull’anno più nero per la frutticoltura emiliano-romagnola, dopo i pesanti danni da gelo della scorsa primavera.
Un esito classificato tra i più catastrofici degli ultimi decenni, da fronteggiare – spiegano gli esperti – con adeguati risarcimenti, nel contingente, e con politiche strutturali a sostegno del settore, nel medio termine.
“Le cifre produttive – hanno spiegato i due presidenti di Cia e Confagricoltura, Stefano Calderoni e Gianluca Vertuani – sono indicative di una situazione talmente pesante che potrebbe portare alla perdita delle produzioni d’eccellenza del Nord Italia e trasformare il nostro Paese in una grande piattaforma di importazione di prodotti esteri”.
Basti considerare al riguardo che, sulla base delle stime e dei primi dati forniti dal Cso Italy, si sono avute, in conseguenza delle gelate tardive, riduzioni di oltre il 50% per le albicocche e fino al 60% per le pesche.
Le susine hanno perso addirittura il 70% del potenziale di inizio stagione, mentre è andata meglio, almeno in termini relativi, per le ciliegie, con un meno 13%.
A seconda delle aree di produzione, le mele hanno archiviato, sempre in ambito regionale, riduzioni comprese tra il 15 e il 35%. Capitolo a parte quello delle pere, che hanno rubricato una delle peggiori stagioni della storia.
Non c’è stata neanche una varietà che abbia ripotato quest’anno danni al di sotto del 50%, rilevano gli esperti. Per le Abate il bilancio è impietoso: mancano, a consuntivo, tre quarti del raccolto, ma per le Kaiser è andata anche peggio con l’80% della produzione “bruciata” dal gelo.
Nel complesso, si è riscontrato a livello regionale una contrazione del 65% sul 2020 e di oltre il 70% rispetto alla media del 2015-2018. Non si è arrestato neanche il fenomeno, ormai strutturale, della dismissione degli impianti, con il 2020 che ha certificato l’abbandono di un altro 5% delle superfici destinate alla coltivazione del pero.
In termini economici, si valuta una perdita di Plv (produzione lorda vendibile) di 345 milioni di euro su scala nazionale, di cui 244 milioni nella sola Emilia-Romagna.
Estirpare frutteti – osservano gli esperti delle due organizzazioni agricole – significa anche rinunciare a posti di lavoro e mettere in crisi il tessuto economico e sociale di interi ambiti territoriali.
L’erogazione di sostegni finanziari a copertura delle perdite produttive, considerando anche le difficoltà operative causate dagli alti costi di produzione, porrebbe scoraggiare gli espianti e favorire il ricambio varietale. L’introduzione di cultivar con patrimoni genetici più resistenti alle avversità atmosferiche darebbe inoltre maggiori garanzie per la tenuta dei livelli di produzione e di reddito.
Tornando ai dati di quest’anno, per Coldiretti, i cambiamenti climatici avrebbero causato finora la perdita di almeno un frutto su quattro.
Si sono avuti in media sei eventi estremi al giorno tra siccità, bombe d’acqua, violente grandinate e gelo che hanno compromesso pesantemente i raccolti, determinando una contrazione di oltre il 27% della produzione frutticola nazionale.
Considerando anche gli ortaggi – spiega la Coldiretti – il settore garantisce in Italia 440.000 posti di lavoro, muovendo un giro d’affari di 15 miliardi di euro l’anno tra prodotti freschi e trasformati.
L’ortofrutta, grazie all’attività di oltre 300.000 aziende agricole su più di un milione di ettari coltivati, vanta anche un ricco patrimonio di prodotti di qualità, costituito da 113 prodotti tutelati da marchi DOP e IGP.
Oltre confine, in base ai dati di Fruitimprese, l’associazione che riunisce gli operatori commerciali del settore, il fatturato ha ripreso a correre nel 2020, spingendosi sopra i 4,8 miliardi di euro (+6% circa rispetto al 2019). Particolarmente sostenuta la dinamica delle esportazioni di frutta fresca, con un più 7% e un introito di quasi 2,6 miliardi di euro. Di contro, hanno tirato il freno le importazioni, con la bilancia commerciale del settore che ha chiuso i conti in attivo per quasi 700 milioni di euro.
Sul mercato interno, l’ortofrutta rappresenta a tavola la prima voce di spesa delle famiglie italiane. Il consumo pro capite – conclude la Coldiretti – è arrivato l’anno scorso a 160 chili, secondo le stime di Nomisma. Un dato superiore a quello di molti paesi europei, con la Germania attestata a 109 chili e il Regno Unito posizionato poco sopra quota 100.