Segnali di ripresa per il prezzo del latte
di Yari Vecchio
Le ragioni della crescita registrata negli ultimi mesi dai prezzi del latte e dei prodotti caseari sono molteplici. Innanzitutto va considerato l’effetto, ancora parziale, delle misure europee finalizzate alla riduzione dell’offerta. Nonostante le consegne di latte nei primi sette mesi del 2016 siano aumentate (+2,6%) rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, è possibile apprezzare una tendenza alla riduzione della produzione che va da giugno a settembre di quest’anno. Nel complesso è aumentata la consistenza dei prodotti stoccabili come il latte in polvere e il burro anche in virtù di specifici provvedimenti di sostegno, mentre al contrario è diminuita l’offerta di latte concentrato e alimentare (-1,1%). Questo aggiustamento dell’offerta non ha però solo riguardato le nostre mura domestiche. Fuori dall’Europa, infatti, la produzione si è contratta in tutti i grandi Paesi produttori. In Nuova Zelanda il confronto tra la produzione del mese di agosto 2016 e quella dello stesso periodo del 2015 vede un -2,5% e in Australia nello stesso periodo il calo ha superato il 10%.
Sul fronte della domanda, gli auspici sulla ripresa dei consumi mondiali sembrano concretizzarsi. In particolare le aspettative sul mercato cinese, che nel primo semestre del 2016 ha fatto registrare balzi in avanti per la domanda di burro (+35%), latte in polvere (+23%) e formaggi, questi ultimi cresciuti di oltre il 25%. Ma anche quelle relative al mercato russo e statunitense che hanno visto l’impennata delle richieste di burro (rispettivamente + 7% e + 39%).
Il riverbero sulle esportazioni europee è stato positivo. Nei primi sette mesi del 2016 le esportazioni di formaggi sono aumentate del 13% rispetto all’anno precedente, quelle di burro del 34% e del 17% quelle di latte in polvere. Una crescita di oltre il 3,5% in termini di latte equivalente; trasformato in formaggi acquistati in Giappone (+11%), Stati Uniti (+2%), Arabia Saudita (+28%), Corea del Sud (+27%) e in burro con destinazione Canada, Iran, Marocco, Algeria e Giappone, per citare alcuni dei principali importatori dall’Europa.
Il duplice effetto della crescita della domanda e della riduzione della produzione ha spinto l’aumento dei prezzi. Il prezzo del latte alla stalla ha fatto registrare a settembre un incremento medio a livello europeo pari a circa il 4%. Stessa cosa, con margini un pochino più ampi, per il latte spot. Il prezzo registrato in Italia ad ottobre 2016 è vicino ai 40 centesimi per litro, circa il 7,5% in più rispetto al mese di agosto e circa l’11,5% in più rispetto allo stesso periodo del 2015. In Olanda, Paese che per primo ha posto in essere meccanismi volontari di contenimento dell’offerta, il differenziale di prezzo tra settembre 2016 e settembre 2015 supera il 50%.
Per i prossimi mesi le previsioni sull’andamento delle produzioni e della domanda lasciano presagire un ulteriore rialzo dei prezzi, nel passato, invece, hanno lasciato spazio ad una delle più importanti crisi della storia del comparto lattiero europeo.
Se nei grandi Paesi produttori la situazione migliora dopo le misure attuate, in USA sta accadendo l’opposto. Il prezzo del latte sta raggiungendo minimi storici, toccando quota 17,10 dollari per cwt rispetto alla media del 2014 che si era assestata sui 23,98 dollari per cwt , con una variazione negativa del 28,69% in media. Si è creata una crisi da over-production, infatti si è passati da una produzione di 7.813 tonnellate nel mese di agosto 2014 alle 8045 tonnellate di agosto 2016. Rispetto alle medie del 2014 fino ad oggi, la produzione supera le 200 tonnellate per mese. Per tale motivo si vedono milioni di galloni di latte versati nei campi, poiché il prezzo non copre nemmeno i costi di trasporto. Dopo l’oil glut, gli USA si trovano di fronte all’esplosione del milk glut, con allevatori e produttori di latticini costretti a eliminare decine di milioni di galloni di latte in eccesso. Il Wall Street Journal riporta che oltre 43 milioni di galloni di latte sono stati riversati nei campi o trasformati in alimenti per animali solo nei primi otto mesi del 2016. Tale “spreco alimentare” non si verificava da almeno 16 anni. Per contrastare tale situazione sono state aumentate le razioni di latte nelle scuole e aumentati i quantitativi di latte nelle ricette dei muffin e altri prodotti.