Scoppia di salute il mercato degli spumanti italiani
Secondo i dati dell’Osservatorio Ovse-Ceves. Nel 2019 il fatturato in cantina si è spinto a 1,9 miliardi di euro, con una crescita del 3,9% su base annua. Prodotte 750 milioni di bottiglie (+8,5%); tre su quattro sono destinate al mercato estero.
Ancora un anno «effervescente» per la spumantistica italiana. Nel 2019, secondo i dati diffusi nei giorni scorsi dall’Ovse-Ceves, l’Osservatorio centro studi economici sui vini speciali, la produzione di spumanti ha fatto segnare in Italia un’ulteriore espansione, attestandosi a 750 milioni di bottiglie.
Un comparto fortemente orientato all’esportazione, con circa tre quarti dei volumi destinati ai mercati esteri.
Le cifre di dettaglio, basandosi sulle stime ancora preliminari, attestano in poco più di 200 milioni di bottiglie i quantitativi avviati al mercato domestico, a fronte dei 550 milioni di pezzi spediti oltre confine.
Giampietro Comolli, storico presidente di Ovse-Ceves (ricopre questo ruolo dal 1991) ricorda che con questi numeri l’Italia si conferma in testa alla classifica dei produttori mondiali di spumanti con una quota del mercato globale che si aggira attualmente attorno al 27%.
La dimensione economica del comparto è altrettanto considerevole; si calcola che in cantina il settore sviluppi un fatturato di 1,9 miliardi di euro, in crescita del 3,9% su base annua. Per quanto attiene ai volumi, il confronto con il dato del 2018 restituisce un incremento ancora più accentuato, dell’ordine dell’8,5%. Un fenomeno correlato a una riduzione dei prezzi medi unitari delle bollicine italiane che, rispetto all’anno precedente, hanno accusato in media una contrazione di oltre 4 punti percentuali.
Va anche osservato che, valutato ai prezzi retail, il mercato globale degli spumanti italiani muove un giro d’affari stimato in 6,1 miliardi di euro, oltre tre volte il fatturato franco cantina. Un «upgrade» di valore che incorpora i costi logistici e di trasporto e i margini di distribuzione, spesso molto elevati, ma anche la percezione di qualità associata allo stile del bere italiano, il fattore per eccellenza che all’estero sta decretando il successo degli sparkling tricolore.
Il grosso del mercato – osserva ancora l’analisi – è costituito da vini spumanti ottenuti con il «metodo italiano», che muovono una produzione di oltre 720 milioni di bottiglie. Molto più di «nicchia» la dimensione produttiva del cosiddetto «metodo tradizionale», con meno di 30 milioni di bottiglie e con il primato indiscusso della Franciacorta (il distretto muove oltre 17 milioni di pezzi).
Il sistema Prosecco nelle sue diverse declinazioni (tra Doc e Docg) suggella la sua leadership sul circuito del «metodo italiano». Stiamo parlando di un mercato da 600 milioni di bottiglie l’anno (oltre l’80% dei volumi di tutto il segmento) e di un valore ai prezzi franco cantina di 1,2 miliardi di euro, che alla fase al consumo si spinge fino a 3,9 miliardi.
Sul mercato interno le bollicine crescono, soprattutto nella grande distribuzione organizzata, supportate però anche dall’Horeca (Hotel, ristoranti e catering). Migliorano anche le vendite dirette in azienda, grazie allo sviluppo del turismo enogastronomico e alla crescente cultura enologica, mentre fatica a decollare l’e-commerce, spiega Comolli, canale che esprime tuttavia grossi potenziali per il settore ma che sconta un approccio «timido» e ancora poco «consapevole» da parte dei produttori.
Oltre confine le bollicine mantengono un notevole dinamismo. L’anno scorso – basandosi sui dati dell’Istat – il mercato estero ha generato un fatturato di oltre un miliardo e mezzo di euro, movimentando un flusso fisico di 518 milioni di bottiglie.
Nel 2019, basandosi sui dati ancora parziali aggiornati a tutto il mese di ottobre, l’Italia ha incassato con le vendite all’estero di spumanti un assegno di quasi 1,3 miliardi, in crescita di oltre il 5% rispetto ai primi dieci mesi del 2018.
Ad eccezione della Germania, dove gli spumanti stanno perdendo appeal a vantaggio dei vini fermi, in tutti i maggiori sbocchi commerciali emergono progressi, particolarmente significativi in Regno Unito, Giappone, Russia e Francia. Sono molti i paesi di destinazione (se ne contano 115) ma i primi 5 mercati concentrano una quota-volume di oltre il 60%, evidenziando un’eccessiva dipendenza dell’export tricolore da un numero esiguo di sbocchi commerciali.
Da rilevare infine che in soli due lustri il fatturato estero è quasi quadruplicato, mentre i volumi sono più che raddoppiati, con il diverso ritmo di crescita che incorpora un forte aumento del valore medio unitario, passato (il riferimento è al prezzo Fob) da 1,80 a 3 euro per bottiglia.