22 Ottobre

Primo semestre 2020 anticiclico per l’export di formaggi italiani

Secondo dati Assolatte, nonostante la crisi globale indotta dalla pandemia, le vendite all’estero hanno messo a segno un progresso del 3% a volume. L’Ue resta l’area più dinamica, mentre è débâcle negli Usa dove le spedizioni hanno accusato una flessione del 23%.   

 

Mantengono un trend positivo le esportazioni di formaggi made in Italy. Nonostante le difficoltà dell’attuale fase congiunturale, nel 2020 le vendite all’estero nel comparto lattiero-caseario dovrebbero superare, in termini monetari, il valore delle importazioni, portando la bilancia commerciale in attivo per più di 100 milioni di euro. Sarebbe un’inversione epocale, dopo decenni caratterizzati, nel comparto, da una bilancia commerciale in costante disavanzo.

 

Ad annunciarlo è Assolatte, l’associazione degli industriali della trasformazione del latte, settore che annualmente muove un volume d’affari di 16,2 miliardi di euro e che oltre confine destina quasi il 40% della produzione, sfiorando i 3 miliardi di fatturato.

 

Sulla dinamica positiva dell’export di latte e derivati – spiega l’associazione – un ruolo determinate l’hanno avuto i formaggi e i latticini, comparto di punta del made in Italy, con le spedizioni all’estero che, nonostante le criticità indotte dalla pandemia, hanno strappato un più 3% a volume, confermando un trend espansivo che prosegue ormai da diversi anni.

 

Positivo anche il bilancio delle vendite sul mercato domestico, con un avanzamento su base annua dell’11,5% nel primo semestre per l’intera gamma dei prodotti lattiero-caseari. Un comparto di peso nel carrello degli italiani, rappresentativo di oltre il 14% del budget alimentare delle famiglie.

 

Il 2020 – osserva ancora Assolatte – ha confermato il ruolo leader dell’Italia per numero delle denominazioni di origine protette (Dop), con 52 formaggi e latticini tutelati con marchio comunitario, contro i 45 della Francia e i 26 della Spagna.

 

Tornando all’export, le elaborazioni dell’associazione industriale, basate sui dati Istat, certificano, oltre alla crescita dei volumi, anche un frazionale incremento del fatturato oltre confine, sempre in relazione ai formaggi, con le vendite all’estero che tra gennaio e giugno del 2020 hanno superato la soglia di 1,5 miliardi di euro.

 

I dati di dettaglio rivelano andamenti fortemente differenziati tra i diversi aggregati e denominazioni. Nel gruppo di testa, Grana Padano e Parmigiano Reggiano archiviano solo un mini progresso, dello 0,6% a volume, anche se i corrispettivi valutari, per effetto di un deprezzamento dei valori unitari, hanno registrato una contrazione del 3,5% sullo stesso periodo del 2019, scendendo nel semestre sotto la soglia dei 495 milioni di euro.

 

Al contrario, mozzarelle, ricotte e altri formaggi freschi hanno sperimentato una crescita sostenuta, con un 7% in più di spedizioni fisiche all’estero e un 6,4% di maggiori incassi, balzati oltre i 450 milioni di euro.

 

In buona evidenza anche il segmento dei grattugiati, con incrementi superiori al 6% anno su anno sia a volume che in valuta, mentre tirano vistosamente il freno le esportazioni di Fiore Sardo e Pecorino Romano, con perdite di quasi il 20% nei flussi quantitativi e di oltre l’8% nei corrispettivi monetari.

 

Anche gli erborinati, ad eccezione del Gorgonzola, segnano quest’anno una battuta d’arresto, mentre la Dop del comparto, con un 3% in più di volumi spediti oltre confine, archivia un semestre ancora positivo, realizzando poco meno di 68 milioni di euro di fatturato (+1,1% sul gennaio-giugno 2019).

 

Il primo semestre 2020 – spiega ancora Assolatte – conferma anche la frattura tra l’area Ue e il gruppo dei Paesi terzi, con il club dei Ventisette che si rivela “ancora una volta di vitale importanza” per l’export di formaggi e latticini tricolore. A tirare la volata sono state soprattutto le vendite nei Paesi Bassi (+13,5% in termini quantitativi), oltre che in Belgio (+12,5%), Francia (+10,6%) e Germania (+5%). Segno meno invece sul mercato spagnolo, dove la crisi ha ridotto del 10,8% gli ordinativi.

 

Fuori dall’area comune, il risultato peggiore si registra in Usa, con il 23% in meno di spedizioni fisiche se rapportate ai primi sei mesi dell’anno scorso. In frenata anche le vendite in Giappone (-7,7%), mentre Canada e Corea del Sud si confermano le destinazioni extra-Ue più dinamiche, con incrementi a doppia cifra, rispettivamente del 46% e del 18%.

 

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