Pomodoro da industria, Italia chiude a quota 5,1 milioni di tonnellate
Bilancio 2020 positivo al Nord, mentre al Centro-Sud la siccità taglia le rese agricole e industriali. Corrono consumi ed export e la campagna parte con scorte quasi azzerate.
Chiude in anticipo, con un bilancio in chiaro scuro, la campagna di produzione del pomodoro da industria. La componente climatica ha pesato soprattutto nel bacino del Centro-Sud e in particolare nel comprensorio produttivo più vocato del Mezzogiorno, rappresentato dalla Capitanata. In tutta l’area del Foggiano, dove si concentra il grosso della produzione meridionale, la siccità ha lasciato un segno meno sui rendimenti unitari, annullando il vantaggio iniziale associato a un aumento delle superfici investite.
Per l’Anicav, l’associazione industriale delle conserve vegetali, l’emergenza idrica ha ridimensionato i volumi rispetto alle attese di inizio campagna, riflettendosi anche sulla dinamica dei prezzi, in aumento.
Tutta l’area del Centro-Sud sconta, del resto, un fisiologico ritardo nella programmazione, in un contesto sicuramente meno fluido, rispetto al bacino del Nord Italia, che si traduce in ritardi e opacità dei rapporti interprofessionali.
Gli elementi di riscontro, a conferimenti ormai conclusi, hanno deluso le aspettative sia per quanto attiene alle rese agricole sia per quelle industriali.
L’Anicav stima a livello nazionale una produzione, in termini di materia prima, di poco più di 5 milioni di tonnellate, che fanno dell’Italia il terzo produttore su scala mondiale dietro gli Usa e la Cina.
L’andamento a doppia velocità tra macroaree geografiche è confermato da un esito produttivo inferiore alle stime di inizio campagna al Centro-Sud, ma leggermente migliore al Nord. L’aspetto più preoccupante è il contestuale peggioramento delle rese alla fase della lavorazione industriale, soprattutto sul circuito dei pelati. L’Anicav ricorda, al riguardo, che il forte aumento delle vendite nel periodo del lockdown, ha ridotto sensibilmente, in molti casi azzerandole, le scorte dei formati retail, destinati cioè al consumo domestico, lasciando invece nei magazzini le confezioni destinate agli operatori dell’Horeca (ristorazione e collettività).
La nuova campagna parte dunque con un’offerta che potrebbe rivelarsi sottodimensionata rispetto alle prevedibili capacità di assorbimento dei mercati. Si consideri, al riguardo, che nel primo semestre 2020 le vendite al dettaglio (dati Nielsen) sono cresciute in valore a un tasso annuo vicino al 20%, ma l’anno scorso nello stesso periodo marciavano a un ritmo dell’1,7%.
Anche l’export, in controtendenza rispetto ad altri settori di punta del made in Italy, ha riservato alle conserve a base di pomodoro un bilancio positivo, certificato da una crescita del 5% a volume e del 14% in termini valutari.
Nel bacino Nord, completati i conferimenti all’industria, si tirano le somme. Con 37.000 ettari investiti, produttori e industriali confermano una reciproca soddisfazione, grazie anche a una corretta programmazione e un andamento climatico che ha creato solo qualche problema in piena estate, per gli eccessi di calore. Le sovrapposizioni di offerta, conseguenti a una concentrazione delle maturazioni, hanno impresso una forte accelerazione ai ritmi di lavorazione industriali creando, per un periodo comunque limitato, qualche problema nei centri di conferimento della materia prima.
Positivi i giudizi sugli standard qualitativi, fattore che suggella le prospettive favorevoli sugli sviluppi del mercato.
Da rilevare che, a livello globale, la produzione di pomodoro da industria, in base alle ultime previsioni del World processing tomato council (Wptc), dovrebbe attestarsi attorno ai 38,3 milioni di tonnellate (un milione in meno rispetto alle stime di inizio stagione), con una crescita del 2,4% sulla scorsa campagna.
Nei suoi prospetti il Wptc indica per l’Italia un raccolto di 5,1 milioni di tonnellate, contro i 4,8 milioni dell’anno scorso. Sale invece a 5,5 milioni di tonnellate la produzione cinese, da 4,6 milioni, mentre la California, che mantiene la leadership globale, dovrebbe chiudere a quota 10,3 milioni, un quantitativo in crescita dell’1,9% su base annua.
Tra gli altri Paesi produttori, si segnalano riduzioni a due cifre in territorio iberico, con perdite produttive dell’ordine del 16% in Spagna (quarto produttore nel ranking mondiale) e del 15% in Portogallo. Brusco dietro front (-21%) anche per il raccolto iraniano, mentre archivia il terzo aumento di fila la Turchia, con un più 14% anno su anno e una produzione di 2,5 milioni di tonnellate, non distante dai livelli spagnoli (2,7 milioni).