14 Maggio
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Pomodoro da industria, è rottura sul prezzo al Centro-Sud

La campagna 2020 parte in salita. Anicav: irricevibile la proposta di aumento di oltre il 40%. Ma in campagna la siccità e la carenza di manodopera bracciantile rischiano di fare impennare i costi delle aziende agricole.

 

Nonostante le condizioni climatiche, in Italia è prevedibile il conseguimento del target di 5 milioni di tonnellate di pomodoro da industria. La stima è del World processing tomato council (Wptc) che, nei conteggi di fine aprile, conferma per il nostro Paese le valutazioni di marzo sul prossimo raccolto.

 

Il risultato garantirebbe agli utilizzatori industriali il giusto apporto di materia prima per le lavorazioni programmate nella stagione 2020. Unica incognita il deficit idrico in Puglia, la più provata tra le regioni italiane dalla carenza di piogge, in un’annata definita “complicata” dalla stessa Anbi, l’associazione nazionale delle bonifiche.

 

Considerate le attuali condizioni, la stagione agricola 2020 nel Sud Italia è affidata soprattutto all’andamento meteorologico, spiegano gli esperti. Al Nord preoccupa l’evolversi della situazione in regioni vocate alla produzione del pomodoro da industria, come l’Emilia Romagna, dove i livelli dei fiumi sono abbondantemente sotto la media storica.

 

Nonostante i timori iniziali, la coltura non ha comunque subìto danni da gelo, se non in misura limitata. Idem per la siccità che non ha frenato gli investimenti nel Mezzogiorno, contrariamente alle attese, in previsione di un’estensione tra i 28.000 e i 30.000 ettari.

 

L’incognita adesso è il prezzo, che un accordo interprofessionale, già siglato nel Nord Italia, dovrebbe fissare anche nel distretto del Centro-Sud.

 

Il tavolo della trattativa, in forte ritardo anche a causa del fermo Covid, è già saltato, denuncia l’Anicav, l’associazione di rappresentanza industriale.

 

La parte agricola – scrive l’organizzazione – “è arrivata al tavolo con una proposta che prevede prezzi di riferimento superiori del 40% rispetto a quelli della campagna 2019”, presentando richieste di 130 euro/tonnellata per il pomodoro tondo e di 140 euro per il lungo, contro i 95 e i 105 euro, rispettivamente, concordati un anno fa.

 

Nel bacino Nord è stato fissato un prezzo di 88 euro/tonnellata, che corrisponde a un incremento di circa il 2% rispetto al 2019. Stessa evidenza anche in altri Paesi competitor dell’Italia che stanno definendo valori mediamente in linea o in lieve aumento rispetto alla campagna precedente.

 

Solitamente – spiega ancora l’Anicav – gli acquirenti industriali del bacino centro-meridionale pagano la materia prima circa il 10% in più rispetto al Nord. Un rincaro del 40% comporterebbe però un considerevole aumento di questo differenziale che potrebbe tradursi in grosse difficoltà nei rapporti competitivi, con grave rischio per l’intera filiera del pomodoro da industria dell’area.

 

La replica della controparte non si è fatta attendere. Resta “ferma e convinta – riferiscono le organizzazioni dei produttori del Centro-Sud – la richiesta della parte agricola di rivedere in maniera definitiva il prezzo del pomodoro”, prodotto che garantisce lavoro e sostentamento a migliaia di aziende agricole del territorio e a diverse migliaia di addetti dell’indotto agroalimentare.

 

L’obiettivo – spiegano ancora le rappresentanze agricole – è restituire “dignità a un prodotto tipico, che sta progressivamente e impietosamente scivolando verso la confusione di un anonimato globalizzante”.

 

Gli operatori evocano anche i problemi contingenti legati alle difficoltà di approvvigionamento idrico nel Foggiano, dove si concentra il grosso degli impianti produttivi, e di reperimento della manodopera bracciantile. Due aspetti che, in prospettiva, comporteranno una lievitazione dei costi e plausibili difficoltà agronomiche e produttive per il comparto.

 

Dal canto loro, gli utilizzatori industriali hanno confermato la disponibilità a riconoscere, come in passato, un prezzo più alto rispetto a quello fissato con l’accordo quadro nel Nord, sia per le caratteristiche del prodotto conferito sia per il differente sistema di raccolta.

 

“Resta tuttavia inaccettabile la proposta di fissare un prezzo quasi doppio”, puntualizza l’Anicav. “Il nostro auspicio – conclude – è che la parte agricola riveda la propria posizione, al fine di consentire una seria ripresa del dialogo.”

 

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