Pere, ancora un anno in deficit per i produttori italiani
Dopo un 2019 da dimenticare, i calcoli del Cso Italy portano a stimare a 13.200 euro per ettaro la Plv, a fronte di costi per 19.400 euro. A preoccupare gli operatori è anche la disaffezione da parte dei consumatori, con la domanda che in due anni si è ridotta del 12%.
Fari puntati sulla pericoltura italiana nell’evento organizzato dal Cso Italy, il Centro servizi ortofrutticoli di Ferrara, che ha fatto il punto della situazione dopo il pesante bilancio produttivo del 2019.
A fornire l’occasione per discutere sui dati economici e le opportunità del settore è stato il congresso online “Un anno da Futurpera, problematiche e prospettive”, rivelatosi un successo non solo di partecipazione, nella modalità da remoto, ma anche di soluzioni per un’uscita dall’impasse che il settore sta vivendo ormai da un paio d’anni.
Nel suo intervento introduttivo, il direttore del Cso, Elisa Macchi, ha confermato la ripresa produttiva del 2020, sia pure in un contesto sfavorevole, per gelate e attacchi fungini, che ha impedito alla pericoltura italiana di esprimere appieno i suoi potenziali.
Dopo un 2019 disastroso – rileva il Cso – con un raccolto che per diverse ragioni, ma soprattutto per gli attacchi di cimice asiatica, era crollato al minimo storico (appena 363.000 tonnellate), l’ultima campagna ha fatto segnare una ripartenza, anche se i quantitativi prodotti sono rimasti al di sotto del 16% rispetto alla media 2015-2018.
L’ultima stagione è stata condizionata in maniera significativa dalla diffusione del fungo della maculatura bruna, riscontrato in diversi bacini produttivi dell’Emilia-Romagna. Una circostanza, ancora una volta sfavorevole sotto il profilo fitosanitario, che ha tenuto a freno le rese, penalizzando soprattutto la varietà Abate, rappresentativa di una quota preponderante della produzione nazionale. Secondo i calcoli del Cso Italy il raccolto 2020 si è attestato, complessivamente, a 610.000 tonnellate, di cui meno di 400.000 realizzate in Emilia-Romagna. I produttori – ha spiegato Elisa Macchi – speravano di risollevarsi dalle difficoltà della scorsa stagione, che aveva chiuso i battenti con un disavanzo di 8.600 euro per ettaro. Ma le ulteriori perdite economiche, ammontate a 6.200 euro/ha, rappresentano per il settore “quasi un colpo di grazia”.
I conteggi derivano da un costo di produzione 2020 stimato sui 19.400 euro per ettaro e di una produzione lorda vendibile che, basandosi sugli attuali prezzi alla prima fase di scambio, si attesta a 13.200 euro.
Nel panorama produttivo europeo la pericoltura italiana ha perso vistosamente terreno, scendendo in due anni dal 35 al 28% della produzione totale dell’Ue, a vantaggio dei principali competitor, rappresentati da Belgio e Olanda.
Per Gianni Amidei, presidente della Oi Pera, per ripartire bisogna puntare a una “ricerca organizzata e orientata verso progetti specifici e mirati, per non disperdere inutilmente le risorse”. “Nell’attesa – ha aggiunto – è necessario implementare forme di aiuto a tutti gli agricoltori che per due anni consecutivi non hanno realizzato reddito”.
Tra le nubi che si addensano sul comparto c’è anche quella della disaffezione da parte dei consumatori, suggellata da una domanda in calo del 12% nel bilancio degli ultimi due anni. Una tendenza – affermano gli esperti – che potrà essere invertita solo con il miglioramento genetico e varietale, individuando alternative più performanti rispetto ai modelli “high intensity”, tipici del Nord Europa, e sfruttando le opportunità offerte dalla ricerca e dall’innovazione.
Nel suo intervento incentrato sulla Pac post-2020, Paolo De Castro, vice-presidente della Commissione Agricoltura e sviluppo rurale del Parlamento europeo, ha sottolineato le difficoltà legate all’assenza di principi attivi di nuova generazione destinati all’ortofrutticoltura. “Come Commissione Agricoltura – ha detto – abbiamo chiesto al Commissario Ue un’analisi di impatto puntuale riguardo alle proposte avanzate nell’ambito del Green Deal e della Farm to Fork, così da poter dare risposte coerenti con gli obiettivi di sostenibilità senza venir meno agli interessi dei produttori”.
Sarà comunque opportuno prendere seriamente in considerazione il nuovo indirizzo generale della politica Ue che potrebbe condizionare sensibilmente l’elargizione dei finanziamenti europei, ha detto Giuseppe Blasi, capo dipartimento delle Politiche internazionali del Ministero delle Politiche agricole. Il riferimento è agli eco-schemi, dai quali dipenderanno quote importanti degli aiuti diretti, e alla nuova architettura verde della Pac, che porrà maggiori condizioni e nuovi adempimenti in chiave ecologica a carico degli agricoltori europei.