Olio d’oliva, per l’Italia un’annata di “carica” a metà
L’ultima ricognizione Ismea-Unaprol conferma un aumento della produzione del 15%, ben al di sotto del potenziale. Più estrema la variabilità produttiva tra campagne.
Con il procedere della raccolta e delle attività di molitura presso i frantoi la produzione nazionale di oli di oliva va assumendo contorni sempre più definiti.
L’ulteriore ricognizione effettuata congiuntamente da Ismea e Unaprol sulla campagna olivicola 2021-2022 conferma la stima di una produzione di circa 315.000 tonnellate, già annunciata a settembre, un risultato corrispondente a una crescita del 15% rispetto alla scorsa annata.
Le abbondanti precipitazioni di novembre hanno apportato benefici solo nelle zone in cui la raccolta si protrae per alcuni mesi, in particolare negli oliveti di Puglia e Calabria, mentre in altri areali, dove le operazioni si sono concluse nel giro di poche settimane, i danni da siccità si sono rivelati, a consuntivo, anche più gravi del previsto. Un’evidenza che ha riguardato soprattutto le regioni del Centro-Nord, con perdite quest’anno che sono apparse molto significative.
Resta, tra gli addetti ai lavori, il rammarico per una stagione che, nonostante la crescita produttiva, non ha avuto modo di esprimere appieno il suo potenziale – spiega l’Ismea – per le gravi implicazioni del clima sui rendimenti in campagna, in un’annata di “carica” che in condizioni normali avrebbe portato a un risultato decisamente migliore.
Da un’analisi di più lungo periodo, guardando in particolare i dati degli ultimi dieci anni, si osserva comunque un’intensificazione del fenomeno dell’alternanza produttiva tra campagne contigue oltre a una tendenziale riduzione della produttività anche nelle annate considerate di “carica”.
Il picco risale al 2012, quando l’oliveto Italia si spinse, in un’annata eccezionalmente favorevole, oltre la soglia delle 500.000 tonnellate. Mentre il risultato peggiore l’ha lasciato agli annali il 2018, con una produzione di appena 185.000 tonnellate di oli di oliva di pressione.
A livello mondiale, la nuova stagione dovrebbe portare a un risultato produttivo di 3,1 milioni di tonnellate, in crescita del 2,5% su base annua.
Un dato che riflette due andamenti divergenti, con il meno 3% nell’UE compensato abbondantemente dalla crescita nei paesi extra comunitari, per i quali è atteso un aumento complessivo quantificato attualmente attorno al 15%.
A frenare la produzione in Europa è stata principalmente la Spagna con 1,3 milioni di tonnellate, un volume inferiore di circa il 7% a quello dell’anno scorso. Brusco stop anche in Grecia che con 235.000 tonnellate dovrebbe chiudere la stagione con una perdita del 14% circa.
Nel blocco delle nazioni extra-UE spiccano invece i dati positivi di Tunisia e Marocco, dove sono attesi incrementi del 71% e del 25% rispettivamente. Positivo il bilancio produttivo anche in Turchia, in previsione di una crescita del 9% anno su anno.
La produzione mondiale – stima il Consiglio oleicolo internazionale – non basterà comunque, basandosi sulle prime valutazioni, a coprire i consumi, indicati sui 3,2 milioni di tonnellate. Ma con giacenze iniziali per oltre 600.000 tonnellate stimate nel club dei paesi dell’Unione Europea (non si hanno al momento riscontri statistici sugli stock extracomunitari), le effettive disponibilità potranno abbondantemente compensare lo sbilancio tra produzione e consumi.
Quanto a prezzi, il 2021 è stato un anno caratterizzato da aumenti significativi a livello mondiale, in condizioni di generale carenza d’offerta per via del deficit produttivo 2020. In media i prezzi hanno sperimentato un incremento del 27% per l’olio extravergine italiano, ma i rincari sono apparsi ancora più rilevanti sia in Spagna che in Tunisia.
Le condizioni di carenza d’offerta globali hanno pesantemente influenzato anche gli sviluppi del commercio con l’estero.
Nei primi nove mesi del 2021 – spiega l’Ismea sulla base dei dati Istat – i volumi importati dall’Italia si sono ridotti del 10% su base annua, seppure a fronte di un incremento di spesa del 20%, associato al forte aumento dei prezzi internazionali. Le esportazioni hanno chiuso i primi tre mesi dell’anno con un 6% in meno dei volumi, ma con un più 3,5% dei corrispettivi incassi valutari. Il saldo della bilancia commerciale ha chiuso a settembre in rosso per 45 milioni di euro, ribaltando il saldo attivo di 120 milioni registrato nello stesso periodo dell’anno scorso.