Oli d’oliva: prezzi in picchiata, perso il 40% del valore da inizio anno
Mercato nazionale in apnea. In Italia la produzione è quasi raddoppiata dopo il tracollo della scorsa annata, con volumi che restano però sotto la media storica. Annata di scarica in Spagna, ma nell’UE si è partiti con scorte di vecchia produzione ai massimi da sette anni.
Per ora solo buone intenzioni e qualche promessa. Ma di atti concreti ancora nulla, a fronte di numeri che certificano una brusca inversione del trend sui mercati degli oli di oliva, con i prezzi dell’extravergine che hanno ceduto in pochi mesi il 40%, zavorrati da una produzione quasi doppia rispetto alla scorsa annata.
Non si tratta di un’iper produzione né di una situazione di sovra offerta, bensì di un livello normale, stimato attorno a 350.000 tonnellate. Il raddoppio o quasi dei volumi, rispetto alla scorsa stagione, è solo l’effetto statistico di confronto con un’annata eccezionalmente deficitaria che aveva lasciato a secco i frantoi, dopo i danni causati, nell’importante distretto pugliese, dal repentino abbassamento delle temperature del febbraio 2018.
La crisi di liquidità delle aziende olivicole e dei frantoiani, per la mancata attivazione dei provvedimenti previsti dal decreto emergenze, sta peggiorando gli umori e alimentando un clima di allarme nelle campagne, scrive la Coldiretti Puglia.
Da qui la proposta del sottosegretario alle politiche agricole, Giuseppe L’Abbate, di drenare i 5 milioni di euro destinati agli interessi sui mutui per tamponare i danni da gelo – riferisce l’Organizzazione agricola – importi non ancora utilizzati, e in regime de minimis (fuori cioè dall’alveo degli aiuti di Stato), a beneficio degli agricoltori, che non risolverebbero in ogni caso i problemi strutturali del settore, almeno a livello regionale.
La prossima mossa, non più rinviabile, sarà l’adozione di un Piano olivicolo nazionale (in Spagna ne hanno già varati cinque), nell’esigenza di riequilibrare i rapporti all’interno della filiera, oggi troppo sbilanciati a valle, a favore della grande distribuzione organizzata.
Ma i problemi non sono solo legati alla catena del valore, che penalizza le componenti produttive a vantaggio dei retailer. Per ridare slancio al settore – osserva ancora la Coldiretti – occorre anche intensificare l’attività di vigilanza e controllo, evitando che vengano spacciati come nazionali oli di oliva importati, non solo comunitari ma anche extra-UE.
Si consideri che nelle annate di carica ci sono Paesi, ad iniziare dalla Tunisia, che invadono letteralmente i mercati europei, con produzioni che superano anche la soglia delle 300.000 tonnellate. Guardando i dati dell’Istat, nel 2018 le sole importazioni italiane di oli di oliva tunisini sono balzate a 55.000 tonnellate, da 33.000 dell’anno precedente, facendo segnare in dodici mesi una crescita di quasi il 70%.
Quanto all’offerta comunitaria, quest’anno si è partiti a inizio ottobre (mese di avvio della nuova campagna) con scorte UE di vecchia produzione, per lo più di marca spagnola, valutate dalla Commissione europea in poco meno di 750.000 tonnellate, massimo dal 2012.
Sul fronte della produzione si avranno però minori pressioni da Madrid, che nella campagna 2018-2019 aveva coperto più di tre quarti dell’offerta comunitaria, con un output record di 1,8 milioni di tonnellate.
La prima stima elaborata dal Ministero dell’agricoltura spagnolo annuncia nel Paese una produzione di 1,23 milioni di tonnellate, in calo del 31,7% rispetto alla passata stagione, preconizzando perdite fino al 33% in Andalusia, prima regione produttiva con un’incidenza di quasi l’80%.
In Italia, come accennato, dalla peggiore annata degli ultimi trent’anni, che aveva portato sul mercato appena 175.000 tonnellate di oli, si è passati a un risultato normale, seppure inferiore al potenziale, considerando che negli ultimi due lustri si è avuta in media una produzione di oltre 400.000 tonnellate annue.
In Puglia, in particolare, ad eccezione del Salento, dove l’emergenza xylella ha sottratto quest’anno un altro 50% del raccolto di olive, si stima un maxi rimbalzo, con volumi quasi triplicati rispetto alla scorsa campagna.
Ottima annata anche in Grecia, con circa 300.000 tonnellate, e ancora migliore in Tunisia dove la produzione potrebbe balzare quest’anno al massimo di sempre per il Paese nordafricano.
Resta sullo sfondo la repentina caduta dei prezzi. Alla Borsa merci di Bari l’extra vergine nazionale è stato quotato, a fine novembre, sui 3,60 euro/kg, ma a gennaio gli oli con le stesse caratteristiche passavano di mano a 6,15 euro. A inizio campagna (prima quotazione di ottobre) i listini erano già scesi a 4,40 euro/kg, cedendo dopo soli due mesi oltre il 20%.