11 Novembre

Oiv, l’Europa zavorra la vendemmia 2021

Previsti poco più di 250 milioni di ettolitri a livello mondiale. Sarebbe il secondo minimo storico dopo il 2017. La crescita del Nuovo Mondo non compensa le perdite nei vigneti UE.

 

Per il vigneto mondiale si prefigura un’annata ancora sotto il potenziale, con una produzione inferiore del 7% alla media ventennale.

 

Lo ha reso noto l’Oiv, l’Organizzazione internazionale della vigna e del vino, preannunciando per il terzo anno di fila una vendemmia inferiore alla media storica.

 

Le stime, illustrate la scorsa settimana, quantificano la produzione vinicola mondiale all’interno di una forbice compresa tra 247,1 e 253,5 milioni di ettolitri (il dato non include succhi e mosti). Il centro della forchetta di stima si colloca pertanto a 250,3 milioni di ettolitri, che corrispondono a una contrazione anno su anno del 4%.

 

Da rilevare che già il 2020 aveva chiuso con un volume al di sotto della media e che il dato di quest’anno, se confermato, si colloca appena sopra il minimo storico di 248 milioni di ettolitri archiviato nel 2017.

 

Determinante, rispetto al deficit produttivo, l’andamento climatico sfavorevole registrato in buona parte dell’emisfero settentrionale. In particolare, gli effetti delle gelate tardive e delle grandinate, che hanno seriamente pregiudicato le rese nei vigneti europei, hanno lasciato un segno indelebile sull’esito vendemmiale, senza però compromettere la qualità dei raccolti.

 

Non è bastata l’ottima annata nella geografia dell’emisfero australe, oltre che in Usa, a compensare le perdite nel Vecchio Continente, il cui ruolo resta preponderante nel panorama produttivo mondiale, cumulando quasi due terzi dell’output totale.

 

I dati di dettaglio elaborati dall’Oiv attestano la produzione dell’UE a 145 milioni di ettolitri, in calo del 13% sul 2020. Il fattore climatico ha pesato soprattutto sui vigneti italiani, spagnoli e francesi, che insieme rappresentano il 45% della produzione globale e il 79% di quella europea.

 

Il bilancio più deludente è quello d’Oltralpe – spiegano gli analisti – in un’annata pregiudicata, oltre che dalle gelate di aprile, da piogge estive, grandinate e attacchi di peronospora. Un mix di fattori che hanno spinto quest’anno il dato di produzione francese anche al di sotto di quello spagnolo, decretando una perdita di quasi il 30% sulla scorsa stagione.

 

Il segno meno ha coinvolto anche altri paesi dell’Unione europea, in particolare Austria e Grecia, oltre a Croazia, Slovenia e Slovacchia. La Germania, al contrario, quarto player continentale, ha messo a segno una crescita del 4%, nonostante alcuni danni da gelo risultati comunque più contenuti rispetto ai competitor.

 

Quanti agli Usa, la stima preliminare mette in conto una produzione vinicola di 24,1 milioni di ettolitri, in crescita del 6% rispetto al dato, piuttosto scarso, della scorsa vendemmia, condizionata dagli incendi boschivi e delle contaminazioni da fumo tra i filari della California.

 

Inquadrata nella serie storica, la produzione 2021 a stelle e strisce mantiene un divario negativo, mostrando uno scarto del 3% dalla media quinquennale.

 

Sul risultato di quest’anno ha pesato, oltre Atlantico, la prolungata siccità che ha tenuto a freno sia la produttività nelle campagne sia i rendimenti alla lavorazione industriale.

 

Mancano al momento, nei prospetti dell’Oiv, le indicazioni preliminari sulla vendemmia cinese, ma gli elementi raccolti degli analisti confermano anche quest’anno il trend negativo ormai in atto dal 2016, associato a fattori di ordine strutturale.

 

Nell’emisfero australe, dove le operazioni vendemmiali si sono concluse nel primo trimestre dell’anno, i riscontri sono decisamente positivi, grazie a un effetto rimbalzo (nel 2020 le condizioni climatiche avverse avevano gravemente pregiudicato il raccolto di uve da vino) che, a livello aggregato, ha incrementato del 19% la performance del Nuovo Mondo, spingendo la produzione vinicola a 59 milioni di ettolitri, massimo da inizio millennio.

 

Aumenti a doppia cifra si registrano in Cile, Argentina e Brasile, a fronte di un più modesto 2% di crescita in Sudafrica e di un aumento invece robusto nelle cantine australiane (+30% sul 2020 è +14% rispetto alla media degli ultimi cinque anni).

 

Unica in controtendenza, tra i paesi sotto l’Equatore, la Nuova Zelanda, tradizionalmente orientata a produzioni di alta qualità destinate ai mercati esteri. Dopo il dato record dell’anno scorso, l’impatto delle gelate ha ridotto la produzione del 19% in dodici mesi e del 13% rispetto alla media storica, lasciando agli annali un quantitativo (caso raro per il Paese) inferiore alla soglia dei 3 milioni di ettolitri.

Cattolica Assicurazioni S.p.A.

codice fiscale/partita Iva 00320160237

Privacy e Cookie policy