2 Settembre
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Mais, il clima taglia le rese in campagna

Confagricoltura, previsti cali produttivi, con perdite fino al 30-40% in alcune zone del Veneto e dell’Emilia-Romagna. Ma la qualità si preannuncia eccellente.

 

Ci sarà la qualità ma non i volumi, per lo meno non quelli previsti a inizio campagna, per il raccolto italiano di mais 2021.

 

Non si dispone al momento di dati certi, con il procedere in questi giorni delle valutazioni sui rendimenti in campo e delle perizie per la stima dei danni. L’imputato numero uno resta il clima, in un’annata difficile sotto diversi punti di vista, estremamente variabile nel susseguirsi dei fenomeni atmosferici e con temperature balzate a livelli record nei mesi estivi.

 

Per Confagricoltura, le grandinate e le piogge intense, più simili a inondazioni, oltre alla siccità, con situazioni diffuse di prolungata carenza idrica anche nei territori del Nord Italia, hanno messo a dura prova il comparto maidicolo nazionale, in un contesto ormai strutturalmente deficitario rispetto ai fabbisogni della filiera mangimistica.

 

L’impatto del clima in Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna e Veneto, – rileva l’organizzazione agricola – che insieme rappresentano l’85% della superficie italiana destinata a questa coltura, porta a considerare un generalizzato calo di resa, sia pure con situazioni differenziate da zona a zona. Nell’area emiliano-romagnola, ma anche in alcuni distretti del Veneto, addirittura si ipotizza una flessione dei raccolti dell’ordine del 30-40% rispetto al dato produttivo dell’anno scorso.

 

Non emergono, se non altro, problemi particolari di ordine fitosanitario. La situazione – scrive ancora Confagricoltura – è tuttavia costantemente monitorata, soprattutto nelle zone più interessate dai fenomeni di stress idrico, considerando che proprio la carenza di acqua rappresenta per il mais l’elemento di maggiore vulnerabilità a differenza di altri prodotti, più adattabili ai climi asciutti.

 

La coltivazione del mais coinvolge circa 100.000 realtà produttive a livello nazionale, interessando una superficie oggi inferiore ai 600.000 ettari. Negli ultimi quindici anni i frequenti fenomeni di disinvestimento hanno quasi dimezzato le semine in Italia, riducendo sensibilmente anche le disponibilità e il grado di autoapprovvigionamento del Paese, ormai fortemente dipendente dagli acquisti dall’estero, spiega Confagricoltura.

 

Si stima che il fenomeno del progressivo abbandono abbia ridotto a meno del 50% l’autosufficienza italiana, da picchi del 90% toccati a fine anni Novanta. Una situazione che si è venuta a determinare con il progressivo peggioramento delle condizioni climatiche e con l’acuirsi dei problemi fitosanitari che hanno ridotto la convenienza economica, favorendo sul piano delle redditività colture alternative, compresa la soia.

 

La nuova campagna di commercializzazione si inserisce in un contesto globale caratterizzato da un raccolto più abbondate e da prezzi molto elevati. Le ultime stime dell’Usda, il Dipartimento dell’agricoltura statunitense, hanno rivisto al ribasso le previsioni a 1,18 miliardi di tonnellate, contro 1,11 miliardi della scorsa stagione. Una correzione imputabile agli effetti del clima secco sia in Usa, maggiore produttore mondiale di mais con 375 milioni di tonnellate, sia nell’Unione europea che

quest’anno non andrà oltre i 65,5 milioni.

 

Secondo Confagricoltura, la minore capacità produttiva in Italia ha favorito anche la crescita degli arrivi di mais Ogm, diffusi ed esportati dagli Usa e dai due maggiori esportatori dopo gli States, rappresentati da Argentina e Brasile.

 

Le scorte di vecchia produzione, stima l’Usda, partono da livelli piuttosto bassi, oggi ai minimi dal 2014. Stock per il 70% in mani cinesi, con il Dragone divenuto l’anno scorso il maggiore importatore mondiale di mais con volumi più che triplicati a distanza di un solo anno.

 

Nella campagna 2021-22 Pechino manterrà il primato per acquisti dall’estero con lo stesso quantitativo di 26 milioni di tonnellate registrato nel 2020-21. L’import UE, in previsione di un maggiore consumo, dovrebbe invece balzare a 15 milioni di tonnellate, da 13,2 milioni, facendo segnare un aumento del 14%.

 

Quanto all’Italia, nel 2020 le importazioni di mais si sono attestate attorno ai 6 milioni di tonnellate. Si tratta di prodotti per lo più di marca europea, con arrivi soprattutto da Ungheria, Ucraina e Slovenia.

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