29 Agosto

L’Italia torna a investire sul riso

Nonostante la minaccia del prodotto di importazione, secondo le stime ufficiali semine 2019 a +1,8%. Il riso è il terzo prodotto più assicurato in Italia con 175.000 ettari coperti da polizze, l’80% delle superfici risicole totali.

 

Crescono gli investimenti nelle risaie italiane. Quest’anno, secondo le stime dell’Ente nazionale risi, si è arrivati a 221.000 ettari, corrispondenti all’1,8% in più rispetto alla scorsa campagna.

 

Finora, osservano gli esperti, è stato censito il 61% della superficie, pertanto i dati definitivi potrebbero subire scostamenti e non è esclusa la possibilità di inversioni di tendenza a livello di gruppi varietali, con i conteggi attuali che attestano progressi solo per gli Indica (+1,7%) e i Lunghi A (+6,6%).

 

Il riso, di cui l’Italia è il primo produttore europeo, è il terzo prodotto più assicurato in Italia: oltre 400 milioni di euro di Plv è coperta da polizze, per un’estensione di 175.000 ettari, l’80% delle superfici risicole totali.

 

Sono circa 2.800 le aziende che hanno stipulato un contratto assicurativo contro i rischi meteorologici nel 2018. Si tratta in prevalenza di polizze contro i rischi di frequenza, stipulate a un costo medio del 4,5% del valore assicurato.

 

Le aziende, mediamente, hanno una dimensione di oltre 60 ettari, in base ai dati Sgr-Sian (Sistema informativo di gestione del rischio) elaborati dall’Ismea.

 

Territorialmente, data la concentrazione delle risaie in due sole regioni rappresentate da Piemonte e Lombardia, il grosso delle imprese e dei valori assicurati fa riferimento a questi due ambiti geografici, dove il riso è in assoluto il prodotto più assicurato, davanti al mais in Lombardia e all’uva da vino in Piemonte. Seguono a parecchia distanza l’Emilia Romagna con 149 aziende (sono 1.378 in Piemonte e 1.327 in Lombardia), il Veneto con 55 e la Toscana con 5. Non si registrano invece imprese sarde, tra quelle assicurate, nonostante la rilevanza della risicoltura nell’economia agricola dell’Isola, soprattutto nella provincia di Oristano.

 

Al pari delle mele, il mercato assicurativo del riso si caratterizza per un ridotto turnover di aziende, che testimonia un elevato grado di fidelizzazione e un basso tasso di abbandono. Le compagnie assicurative adottano strategie sostanzialmente omogenee, con le statistiche pluriennali che evidenziano differenze marginali nei livelli delle tariffe anche in ragione della scarsa diversificazione tra i pacchetti di garanzia sottoscritti dai risicoltori, concentrati, come detto, sui rischi di frequenza e meno orientati verso quelli catastrofali (gelo e brina, siccità e alluvione).

 

Il riso è una coltivazione particolarmente vulnerabile ai cambiamenti climatici. La variabilità nella quantità e nella distribuzione delle piogge è il principale fattore limitante sul piano delle rese. Nel distretto risicolo lombardo-piemontese quest’anno la stagione irrigua è stata nel suo insieme positiva, nonostante un inverno particolarmente siccitoso, ma non sono mancate fasi di criticità comunque gestite senza particolari ripercussioni per le colture. A inizio luglio si sono avuti danni da grandine, con ricadute considerevoli nel Vercellese. In alcune zone, osservano gli esperti, la grandine ha raggiunto dimensioni eccezionali con chicchi anche di 6-7 centimetri di diametro.

 

Nel contesto europeo, come accennato, l’Italia detiene la leadership nella produzione e nell’esportazione di riso, con un raccolto di circa un milione e mezzo di tonnellate (dato 2018 relativo al prodotto grezzo, che scende a 920.000 tonnellate circa in equivalente lavorato).

 

Nonostante la reintroduzione dei dazi sui risi Indica dai Pma, i Paesi meno avanzati, per tre anni a partire dallo scorso gennaio, resta la minaccia delle importazioni da Cambogia e Myanmar, Paesi che in passato hanno invaso i mercati europei mettendo in crisi i risi italiani.

 

Un’altra minaccia per il settore è rappresentata dall’accordo commerciale Ue-Mercosur (vale a dire con Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay), che introduce la possibilità di importare in Europa 45.000 tonnellate di riso a dazio zero.

 

I Paesi sudamericani vantano a oggi un potenziale produttivo risicolo di oltre 10 milioni di tonnellate in termini di riso lavorato. Le esportazioni ammontano annualmente a circa 2,4 milioni, con l’Uruguay che da solo invia all’estero più di 800.000 tonnellate di riso, il 93% della produzione annuale del Paese.

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