L’agricoltura e la nuova Commissione UE
Grande attenzione ai temi del clima e dell’ambiente. Ursula von der Leyen è la prima presidente donna dell’Esecutivo Ue. Primi problemi da affrontare sono il bilancio pluriennale dell’Unione europea e la riforma della Pac
La nuova Commissione europea, guidata da Ursula von der Leyen, è entrata in modalità pieni poteri il 1° dicembre scorso e cercherà di caratterizzarsi per un’agenda «verde», con grande attenzione ai temi del clima e dell’ambiente. Non è solo per testimoniare la sintonia con posizioni molto diffuse nella società, ma anche per riposizionare l’Europa nella crisi dell’ordine commerciale mondiale.
Per come si è sviluppata l’Ue ha bisogno di relazioni multilaterali, e con la Wto (l’Organizzazione mondiale del commercio) che diventa sempre più debole, l’Accordo sul clima di Parigi resta una cornice che assicura – anche se senza tribunali per la risoluzione delle controversie e per far applicare le regole – un quadro di relazioni multilaterali.
Ecco perché von der Leyen chiama quella da lei presieduta «una commissione geopolitica». L’intento è chiaro e cristallino, le possibilità di riuscita un po’ meno. Al di là del Green deal, l’agenda verde della Commissione, e delle innovazioni annunciate, la prima presidente donna dell’Esecutivo Ue si trova a gestire due dossier enormi e molto «tradizionali» nella loro difficoltà: il bilancio pluriennale, che vede i Paesi spaccati tra chi vuole tagliare il contributo all’Unione, chi invece vorrebbe aumentarlo e chi (soprattutto i nuovi Paesi membri) bada soprattutto a incassare di più; e la riforma della Pac. La prima fatta insieme a una proposta di taglio del 5% a prezzi correnti.
Convincere gli agricoltori a fare di più sul versante dell’ambiente e del clima a fronte di una riduzione degli aiuti non sembra una strategia vincente, ma la Brexit e nuove priorità politiche chieste a gran voce dai Paesi membri impongono di tagliare le politiche tradizionali.
Questo era il ragionamento della Commissione Juncker, e Ursula von der Leyen non se ne discosterà. Anche perché viene da un Paese, la Germania, che più di tutti ha saputo sfruttare l’attuale assetto dell’Ue ma che oggi invece si schiera con il fronte dell’austerità per quanto riguarda il bilancio dell’Unione.
Con difficili equilibri interni ed esterni dovrà avere a che fare anche il nuovo Parlamento europeo, con i gruppi politici mai così divisi al loro interno e condizionati dalle dinamiche delle politiche nazionali e, naturalmente, il collegio dei commissari.
Un classico caso di personaggio al momento paralizzato tra l’incudine di aspettative domestiche probabilmente esagerate e la lealtà dovuta alla Commissione che lo ha scelto, è quello di Janusz Wojciechowski. Ex europarlamentare e componente della Corte dei Conti Ue, esponente del partito che governa a Varsavia, il commissario all’agricoltura polacco non fa parte di nessuna «famiglia politica» tradizionale europea, ha ereditato una riforma della Pac da lui stesso fortemente criticata quando era revisore e si trova a difendere tagli della politica agricola che pure sono il male minore a fronte delle proposte che agitano il Consiglio Ue.
In più, è sottoposto alla «guida» del vicepresidente per l’azione climatica Frans Timmermans e dovrà usare tutte le sue capacità di persuasione per difendere gli agricoltori nel confronto con la collega Stella Kyriakides. Alla commissaria cipriota, con delega alla salute, spetterà proporre una strategia «Farm to Fork» (dal campo alla tavola) che interesserà tutti gli aspetti dell’agenda agroalimentare dei prossimi cinque anni, dal target di riduzione degli agrofarmaci al commercio.
Da commissaria alla salute e alla tutela dei consumatori, Kyriakides parte da punti di vista che possono essere anche molto distanti da quelli del settore agricolo e sarebbe auspicabile che Wojciechowski instaurasse da subito un dialogo stretto con lei.
Kyriakides ha anche la missione di risolvere il dilemma delle biotecnologie agrarie di nuova generazione: secondo la Corte di giustizia Ue, ai prodotti del nuovo biotech va applicata la stessa, onerosa, procedura di autorizzazione che vige per gli ogm. I cui costi rischiano di tagliare fuori dall’innovazione varietale le realtà più piccole.