La produzione di mais in Italia: valori e criticità
L’importanza della produzione di mais in Italia
Nell’ambito del settore cerealicolo italiano la produzione di mais rappresenta una componente fondamentale. Le ragioni di questo ruolo vanno ricercate nell’elevata diffusione che caratterizza questa coltura in specifici bacini produttivi (soprattutto del Nord), nell’importanza per ciò che attiene l’utilizzo del mais nella filiera dell’alimentazione animale e in relazione ai fabbisogni dell’industria molitoria. Nonostante questi valori, negli ultimi anni, il settore maidicolo italiano ha registrato performance molto negative, sia sul versante strutturale che economico.
Ad influire sono stati soprattutto alcuni aspetti, come quelli legati alla sanità delle produzioni (in particolare con riguardo allo sviluppo di aflatossine) e alle condizioni climatiche che, in diversi anni, hanno pesantemente impattato sui volumi (e la qualità) delle produzioni finali. Questi elementi hanno messo a dura prova la capacità di tenuta dei produttori italiani di mais che, condizionati anche da un conto colturale con margini quasi sempre negativi, hanno via via ridotto le estensioni dedicate a questa coltura.
I numeri del settore maidicolo italiano
In Italia i territori specializzati nella produzione di mais da granella sono la Lombardia, il Veneto, il Piemonte e l’Emilia Romagna, quattro regioni che in complesso concentrano circa l’85% della superficie italiana investita a mais da granella. Le aziende coinvolte in queste regioni sono poco meno di 100mila e presentano dimensioni fisiche molto contenute (le più grandi sono in Lombardia e non arrivano, in media, ai tredici ettari) che non consentono di beneficiare dei vantaggi derivanti dalla scala aziendale.
Negli anni le superfici di mais si sono ridotte notevolmente: nel 2007 in Italia si contavano oltre 1 milione di ettari investiti a mais, dieci anni più tardi non si superano i 660mila, con un calo di quasi 350mila ettari che ha coinvolto tutte le regioni produttrici. L’effetto sulla produzione nazionale è stato evidente: nell’ultimo biennio (2015-2016) l’Italia ha registrato una produzione di 67 milioni di quintali, il 31% in meno rispetto allo stesso dato del 2006-2007.
Ad influire sulla produzione complessiva di mais interviene in maniera significativa anche la variabilità delle rese tra un anno e l’altro. In generale le rese italiane di mais (pari a circa 100 quintali per ettaro, per un valore economico di poco superiore a 1.800 euro) sono in linea con quelle francesi, ma al di sotto di quelle spagnole (dove è consentito l’utilizzo di mais geneticamente modificato a differenza dell’Italia), anche se un’analisi più attenta mostra come le rese che si registrano in Lombardia sono in linea con quelle medie spagnole.
Le quotazioni del mais italiano
Questi fattori, insieme ad altri di rilievo internazionale, hanno inciso sugli andamenti dei prezzi del mais da granella che, negli ultimi dieci anni, hanno mostrato una decisa volatilità (Figura 1). Le quotazioni attualmente disponibili (luglio 2017) rilevano un prezzo per il prodotto nazionale di circa 180 euro/tonnellata, un dato che solo qualche anno fa (2012) era oltre 260 euro/tonnellata.
Figura 1 – Evoluzione del prezzo del mais da granella nazionale (euro/tonnellata)
Fonte: Ismea
La volatilità dei prezzi non favorisce la programmazione aziendale né, molto spesso, la possibilità di rientrare degli investimenti effettuati. Se dovesse continuare con tale intensità, è ipotizzabile un’ulteriore riduzione delle superfici e degli operatori coinvolti.
Il ruolo dei mercati internazionali
Tenuto conto di questo scenario di riferimento, gli scambi internazionali di mais sono diventati sempre più importanti per garantire la disponibilità di prodotto. Nell’ultimo anno l’Italia ha importato 4,4 milioni di tonnellate di mais da granella, di cui circa la metà proveniente da Ucraina e Ungheria. Si tratta di un dato in costante crescita e che solo dieci anni fa era pari a poco più della metà (2,3 milioni di tonnellate). Sul versante delle esportazioni l’Italia, complice la decisa contrazione della produzione nazionale, ha registrato via via minori vendite, fino ad esportare circa 53mila tonnellate, il 67,6% in meno rispetto al dato del 2007.