9 Luglio

La crisi Covid rafforza il food italiano tipico e local

Cia -Agricoltori Italiani ha presentato uno studio Nomisma che conferma il ruolo anticiclico dell’agroalimentare con l’emergenza Covid. Tra dieci anni +49% i consumi di ortaggi e frutta, ma sarà in rosso il bilancio per pasta, carni e salumi.

 

Numeri eccezionali, espressione di una crisi senza precedenti, per lo meno in tempi di pace. Solo un evento bellico o un’emergenza pandemica di portata straordinaria, come quella che stiamo vivendo su scala globale, può spiegare il dimezzamento delle vendite di prodotti non alimentari rilevato dall’Istat ad aprile (il confronto è con lo stesso mese del 2019) e il -22% sperimentato, sempre in Italia, nel bilancio dei primi quattro mesi dell’anno.

 

Cifre che, nel comparto alimentare, mostrano al contrario una variazione positiva dell’ordine di 5 punti percentuali nel primo quadrimestre 2020 e del 6,1% nel tendenziale secco di aprile.

 

L’emergenza coronavirus ha fatto riemergere la strategicità del settore agroalimentare, commenta la Cia-Agricoltori Italiani nel presentare il rapporto elaborato da Nomisma su “Il ruolo economico e produttivo dell’agroalimentare italiano in tempo di Covid-19 e scenari di lungo periodo”, illustrato in occasione del primo webinar (seminario via web) post-lockdown, dedicato al progetto “Il Paese che Vogliamo”.

 

I consumi di alimenti e bevande sono stati e continuano ad essere tra i pochi che registrano variazioni positive – spiega l’analisi confermando le doti anticiclici che caratterizzano il settore agroalimentare rispetto alle altre filiere. I numeri restituiscono, in controtendenza rispetto alle dinamiche dell’anno scorso, incrementi a doppia cifra per farine, lieviti, latte e uova. Sul circuito retail (Gdo e piccolo dettaglio) hanno tirato la volata anche le vendite di paste e prodotti ortofrutticoli, in un contesto in cui la riscoperta dei negozi di vicinato e la volontà di supportare la produzione nazionale e locale hanno alzato il livello di attenzione a favore di tutta la gamma food made in Italy.

 

Gli effetti della pandemia e delle restrizioni anti-contagio – spiega la Cia – hanno valorizzato i concetti di sostenibilità e salute, favorendo gli acquisti di prodotti ottenuti con metodi rispettosi dell’ambiente e la diffusione di comportamenti alimentari più attenti agli aspetti nutrizionali e salutistici.

 

Il lockdown ha dato anche un forte impulso alle vendite online, anche se la crescita a tripla cifra dell’e-commerce non è riuscita, nel food & beverage, a compensare la chiusura del canale Horeca (hotel, ristoranti, bar e catering), che nella fase della “quarantena” ha perso almeno 2 miliardi di euro di fatturato.

 

Il fermo Horeca ha impresso anche un colpo di freno all’export, determinando nel settore alimentare una contrazione annua della produzione industriale dell’8,1% ad aprile.

 

In Italia il fuori casa muove un giro d’affari che ammonta a circa un terzo dei consumi alimentari, una quota in linea con la media UE (34%), ma largamente inferiore al 49% della Spagna, al 45% degli USA e Regno Unito e al 40% della Cina.

 

Secondo lo studio, il web avrà un ruolo centrale anche nello sviluppo del mercato tipico/locale, in un contesto di cambiamenti anche radicali, in cui gli esperti si attendono, nella proiezione a dieci anni, incrementi del 49% per le vendite di frutta e ortaggi e del 6% per gli oli extravergini di oliva. Di contro è prevedibile che l’invecchiamento della popolazione e l’affermarsi di nuovi stili alimentari metteranno il freno ai consumi di pasta (-23% nella prospettiva di due lustri), lasciando indietro anche carni (-32%) e salumi (-45%).

 

Oltre agli aspetti demografici, concorre a definire il modello di consumo futuro anche la maggiore presenza di stranieri, aumentata nell’ultimo decennio di circa il 30% e oggi attestata al 9% della popolazione residente in Italia.

 

L’agricoltura – osserva la Cia – che con impegno e responsabilità ha svolto la preziosa funzione di garante dell’approvvigionamento alimentare durante la fase di lockdown, potrà subire cambiamenti anche importanti rispetto agli attuali assetti.

 

Una particolare attenzione – conclude l’organizzazione – dovrà essere riservata alle imprese situate in aree marginali, che necessitano di investimenti infrastrutturali, in particolare sul digitale, e riorganizzativi anche nel settore turistico. Intervenire su queste realtà garantirà la tenuta economica e la salvaguardia di interi territori del Paese, altrimenti destinati al degrado e all’abbandono.

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