La carenza di lavoratori stagionali metta a rischio le filiere ortofrutticole
I dati di un’indagine a campione di Cso Italy. Situazione analoga si registra nel resto d’Europa. Confagricoltura annuncia i primi arrivi di lavoratori marocchini e indiani con voli charter a spese delle aziende. Per Coldiretti la strada maestra per affrontare il problema resta quella dei voucher.
Voucher, corridoi verdi, quarantena attiva. Di strumenti per superare il problema della carenza di manodopera agricola ce ne sarebbero più d’uno. Ma il fenomeno preoccupa e non poco le aziende, dato che nel pieno dell’emergenza sanitaria la limitazione alla circolazione dei lavoratori ha impattato in maniera significativa sul settore primario, mettendo a rischio le lavorazioni nelle campagne.
A subire le maggiori ripercussioni è stata, e lo sarà prevedibilmente anche nei prossimi mesi, la filiera ortofrutticola, settore in cui la manodopera stagionale specializzata, per lo più straniera, svolge un ruolo essenziale soprattutto nella fase della raccolta.
Per approfondire la questione e valutarne le conseguenze, il Centro servizi ortofrutticoli di Ferrara (Cso Italy) ha realizzato un’indagine presso un campione di aziende agricole associate, fornendo alcune indicazioni, anche numeriche, sul fenomeno osservato.
“Abbiamo ritenuto utile – ha spiegato il direttore Elisa Macchi – porre attenzione, con le nostre attività di ricerca, a questo delicato momento con un’analisi quantitativa sulla carenza di manodopera straniera stagionale”.
Le aziende contattate, seppure non sufficienti a costituire un campione rappresentativo del sistema ortofrutticolo nel suo complesso, costituiscono un importante spaccato della realtà produttiva nazionale, con una capacità di circa 600.000 tonnellate.
Territorialmente, l’indagine ha coinvolto tutte le macroaree geografiche, limitandosi tuttavia ad alcuni dei maggiori ambiti produttivi nazionali e in particolare a quattro regioni, rappresentate da Emilia-Romagna, Piemonte, Campania e Lazio, e alla provincia di Trento.
La manodopera stagionale – spiega lo studio – rappresenta per il settore ortofrutticolo un elemento irrinunciabile. In base ai dati desunti dal campione analizzato, nel triennio 2017-2019 i produttori hanno impiegato circa 53.000 lavoratori stagionali, tra italiani e stranieri, con questi ultimi che rappresentano poco meno del 45% del totale, in gran parte (il 77,2%) impegnato nelle operazioni di raccolta.
Stiamo parlando, con riferimento al settore ortofrutticolo, di un’incidenza oltre quattro volte più elevata rispetto a quella che le statistiche attribuiscono alla popolazione straniera nel contesto demografico nazionale, pari al 10%.
La geografia delle provenienze, sempre in relazione alla manodopera ortofrutticola stagionale, assegna una schiacciante prevalenza ai lavoratori dell’Est Europa, il 51% dell’intera componente straniera, seguiti da africani e asiatici.
Si tratta per lo più di stagionali di nazionalità romena, marocchina, indiana, albanese e polacca. Lavoratori di cui le aziende ortofrutticole nazionali non potranno fare a meno neanche quest’anno, nonostante la prospettiva di una minore produzione rispetto alla scorsa stagione.
Non appare diverso dallo scenario italiano quello europeo, spiegano gli esperti del Cso.
Si stima, al riguardo, che i principali paesi agricoli del Continente (Belgio, Francia, Spagna, Polonia e Germania) necessitino tra i 20.000 e i 300.000 lavoratori stagionali per sostenere le attività produttive del settore primario nel 2020.
In Italia, considerando solo la componente extracomunitaria, si superano i 195.000 operai agricoli, secondo i dati del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali.
Altro aspetto da considerare è che le attività di reclutamento volontario di braccianti, tra i residenti, non sta dando in Europa l’esito sperato. Tanto meno in Francia, dove il tentativo ha prodotto scarsi risultati per le difficoltà di coinvolgimento delle popolazioni locali e i frequenti abbandoni per l’impegno e la fatica delle mansioni richieste.
È il motivo per il quale, anche Polonia e Germania, al fianco del paese d’Oltralpe, hanno introdotto la cosiddetta “quarantena attiva”, un approccio che sta dando buoni risultati, prevedendo per due settimane, a partire dalla data di arrivo del lavoratore straniero, lo svolgimento dell’attività agricola ma con l’obbligo di dimora in alloggi separati e dell’osservanza di norme igieniche rigorose. Una soluzione caldeggiata al Ministro delle Politiche agricole, Teresa Bellanova, dagli europarlamentari italiani Paolo De Castro ed Herbert Dorfmann.
Sulla questione della mancanza di manodopera, la Confagricoltura aveva chiesto a marzo al Governo l’attivazione dei corridoi verdi, per permettere il rientro degli operai extracomunitari e fare fronte alle esigenze di raccolta nei campi. L’operazione, seppure complessa, sta dando qualche risultato. Con voli charter, a spese delle aziende, si sono avuti nei giorni scorsi i primi arrivi di lavoratori marocchini e indiani.
“In due mesi di intenso lavoro di relazioni istituzionali – ha spiegato il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti – con la collaborazione indispensabile delle nostre imprese, che hanno pagato il volo per i loro dipendenti, siamo arrivati a questi risultati che ci permettono di far fronte, in parte, all’emergenza manodopera”.
Per Coldiretti la strada da percorrere resta tuttavia, in via prioritaria, quella del voucher agricolo. Con una radicale semplificazione di questo strumento – sostiene l’organizzazione – è possibile garantire opportunità di lavoro ad almeno 50.000 giovani studenti, pensionati, cassintegrati e percettori di reddito di cittadinanza nelle attività stagionali in campagna. “L’Italia in questo momento – ha detto il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini – non ha bisogno di posizioni ideologiche ma di scelte pragmatiche per continuare a garantire le forniture alimentari di cui il Paese ha bisogno”.