Il Covid-19 brucia 2 miliardi di euro di fatturato vinicolo
Indagine di Mediobanca su 215 società. Entro la fine dell’anno la riduzione del volume di affari stimata sarà tra il 20 e il 25% rispetto al 2019. Giudizi meno negativi per le cooperative, più legate al mass market e alle vendite attraverso la gdo.
L’impatto di Covid-19 sarà peggiore di quello dell’ultima Grande recessione del 2008-2009. Lo prevede Ufficio Studi di Mediobanca nell’Indagine sul settore vinicolo, condotta su un panel di 215 principali società di capitali italiane del settore. Realtà tutte con fatturato 2018 superiore a 20 milioni di euro e con ricavi aggregati per 9,1 miliardi.
Nel 2020 – spiegano gli analisti – il 63,5% delle imprese si attende una caduta delle vendite, con una flessione superiore al 10% nel 41% dei casi.
La previsione è che, sia sul mercato interno sia all’estero, si avranno ripercussioni con solo segno negativo. Mancheranno all’appello da 700 milioni a 1,4 miliardi di euro di esportazioni, stimano gli esperti della merchant bank milanese, prendendo a riferimento le valutazioni della Wto, l’Organizzazione mondiale del commercio, che prevede quest’anno un meno 15-30% di interscambio mondiale.
Il mercato interno, nel frattempo, ha già bruciato più di mezzo miliardo di euro per effetto del lockdown, ma perderà altri 500 milioni entro la fine dell’anno, per via delle riaperture scaglionate e le chiusure di diversi esercizi commerciali, soprattutto nel canale Horeca (hotel, bar e ristoranti).
Sul comparto, pesa anche la crisi del turismo e del travel retail, che avrà impatti significativi anche nei prossimi mesi.
Nel complesso i giudizi appaiono meno negativi per le cooperative, rispetto alle altre realtà societarie, maggiormente legate al mass market e alla distribuzione attraverso la gdo. Anche la distinzione per tipologia di prodotto porta ad aspettative differenziate. In questo caso sono i produttori di vini spumanti a esprimere valutazioni meno sfavorevoli. Un’attesa motivata dalla stagionalità dei consumi di bollicine, le cui vendite crescono in misura significativa soprattutto in corrispondenza delle festività di fine anno, periodo entro il quale – osserva ancora l’analisi – si auspica il pieno superamento della crisi sanitaria.
In generale, i conteggi di Mediobanca portano a stimare nel 2020 una contrazione del fatturato vinicolo attorno ai 2 miliardi di euro, corrispondenti a una riduzione tra il 20 e il 25% rispetto al 2019.
Quello trascorso è stato peraltro un anno moderatamente positivo per le cantine italiane. Le vendite sono aumentate dell’1,1% rispetto al 2018, un ritmo molto più attenuato rispetto ai quattro anni precedenti, e sul mercato interno hanno ceduto più di 2 punti percentuali, crescendo invece di oltre il 4% all’estero.
Il bilancio è fortemente negativo per gli investimenti che, dopo quattro anni di crescita, hanno accusato negli ultimi dodici mesi una contrazione del 15,9%, mentre ha chiuso in positivo l’occupazione, con un 2,6% di aumento su base annua.
La grande distribuzione organizzata resta il canale prevalente per gli acquisti domestici di vini e spumanti, concentrando il 36% del fatturato. L’on-trade costituito prevalentemente da ristoranti e wine bar, compre un 33% circa di quota vendite.
Oltre confine mantiene un ruolo determinante la figura dell’intermediario importatore, in un settore che mostra ancora uno scarso presidio sui mercati esteri da parte dei produttori, solo in pochi casi dotati di proprie reti di vendita.
Mediobanca ha indagato anche sull’attenzione ai temi della sostenibilità e dell’ambiente da parte delle aziende vitivinicole, evidenziando solo un modesto coinvolgimento anche in termini comunicativi.
Dai dati emerge che appena il 30% delle imprese redige un bilancio di sostenibilità, un altro 45% pubblica nei siti web alcune informazioni in materia di sostenibilità, dando maggiore evidenza alle certificazioni di qualità, mentre il restante 25% si astiene da qualsiasi comunicazione su queste tematiche.
Interessante, infine, la consueta analisi sull’indice di Borsa mondiale delle società vitivinicole, che da gennaio 2001 al 3 aprile 2020, valutato in versione total return (comprensivo cioè dei dividendi distribuiti), è cresciuto del 222,5%, al di sopra delle Borse mondiali (+129%), con la migliore performance appannaggio delle società del Nord America (+283%).
Il crollo delle quotazioni borsistiche del primo trimestre 2020, dopo l’emergenza coronavirus, non ha risparmiato l’indice azionario delle wine corporate internazionali, con il listino di riferimento che ha lasciato sulla strada quasi il 30% rispetto ai livelli pre crisi.