24 Agosto

Il caro-commodity alza il costo delle importazioni di cereali e oleaginose

I dati Istat elaborati dall’Associazione nazionale cerealisti (Anacer) segnalano nei primi quattro mesi del 2021 un maggiore esborso (+8,3%) su base annaa, a fronte di un meno 5,5% degli arrivi dall’estero.

 

Il caro-commodity pesa sulla bolletta di cereali e semi oleosi. La strutturale dipendenza dall’estero dell’Italia nell’approvvigionamento di fumenti, mais e semi di soia sta pesando  quest’anno sul risultato economico della bilancia commerciale del settore, di riflesso ai forti rincari delle materie prime agricole riscontrati sui mercati internazionali, con i prezzi in taluni casi anche raddoppiati a distanza di un anno.

 

Sulla base dei dati provvisori dell’Istat, elaborati dall’Anacer, l’Associazione nazionale cerealisti, le importazioni italiane nel settore dei cereali, dei semi oleosi e delle farine proteiche, relative al primo quadrimestre 2021, sono diminuite nelle quantità di 389.000 tonnellate (-5,5% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso), ma aumentate nei valori di 163 milioni di euro (+8,3%).

 

Sul costo delle importazioni stanno pesando anche i forti aumenti dei trasporti via mare, per la carenza di container – che si protrarrà per tutto il 2021, secondo gli osservatori internazionali – e per i maxi rincari dei noli, triplicati in dodici mesi, in un mercato, quello dello shipping, che esenta le gestioni armatoriali dal rispetto delle normative antitrust dell’Unione europea.

 

Le divergenze negli andamenti delle importazioni, tra movimentazioni fisiche e flussi valutari, emergono soprattutto per il mais, di cui l’Italia, è fortemente dipendente dall’estero. Si consideri che tra gennaio e aprile del 2021 a una contrazione di oltre il 2% a volume ha corrisposto un aumento di quasi l’8% del corrispettivo monetario, balzato oltre la soglia dei 400 milioni di euro.

 

La stessa evidenza la si evince dai dati relativi alle importazioni di farine proteiche e vegetali, con arrivi inferiori di oltre il 4% ai livelli di un anno fa, ma con esborsi sensibilmente più elevati, per una spesa che ha totalizzato nei quattro mesi in esame un valore di 275 milioni di euro, in crescita del 18%.

 

Per quanto attiene ai frumenti, le riduzioni a doppia cifra dei flussi reali, con il 16% in meno di importazioni di frumento tenero e con il -23% del grano duro, hanno comunque determinato un minore esborso monetario, sceso rispettivamente del 6,5 e del 18,8 per cento su base annua. Anche in questo caso si può comunque osservare, nel diverso ritmo di marcia dei corrispettivi valutari, l’effetto dei rincari sui mercati mondiali, che hanno di fatto riassorbito una quota dei potenziali risparmi.

 

Ci sono anche altre evidenze negative nei dati in questo primo scorcio d’annata. La più palese è la dinamica delle esportazioni di paste italiane che, dopo il boom del 2020, hanno ingranato quest’anno la retromarcia. I dati, al riguardo, riferiscono di una contrazione del 18% in quantità, rispetto al gennaio-aprile 2020, e di un meno 13% in termini di fatturato. Dinamiche, tuttavia, che risentono del confronto con un periodo – quello del primo lockdown – di iperacquisti unicamente dettati dal panico, fenomeno che oltre alle paste e al riso ha riguardato, in quella fase, altri prodotti tipici da dispensa.

 

Per Italmopa, l’organismo di rappresentanza delle industrie molitorie, nonostante la crescita del raccolto italiano di grano duro (l’associazione stima un più 1,5% rispetto alla scorsa campagna), servirà fino alla prossima estate un 40% circa di grani esteri per soddisfare i fabbisogni interni di materia prima.

 

Per quanto attiene al frumento tenero – osserva ancora Italmopa – si è raggiunto in Italia il minimo storico delle superfici investite che, per la prima volta negli ultimi cento anni, dovrebbero attestarsi al di sotto dei 500.000 ettari, contro gli 1,3 milioni destinati alla coltivazione del grano duro.

 

Sul fenomeno dei rincari, che diversi analisti attribuisco a un nuovo “super ciclo” delle commodity associato a un cambiamento strutturale dei fondamentali, la molitoria ha espresso forti preoccupazioni. “Il quadro produttivo internazionale – riferisce una nota – presenta ancora elementi di grande incertezza, riguardanti, in particolar modo, la produzione mondiale di mais e le flessioni, ormai accertate, delle produzioni in Nordamerica, dovute alla siccità che imperversa in quelle zone. Tale situazione lascia pertanto presagire forti aumenti delle quotazioni dei frumenti proteici di alta qualità largamente utilizzati dai molini italiani”.

 

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