Cresce alle frontiere Ue il pressing dei risi confezionati dei Paesi terzi
Lo scopo è scavalcare l’industria risicola europea e servire direttamente grossisti e operatori del trade. Avanti tutta anche per l’import di risi Japonica dal Myanmar, mentre frenano le importazioni di Indica cambogiani.
Una mezza vittoria quella di Bruxelles sui Pma, i Paesi meno avanzati. Se con la clausola di salvaguardia, richiesta a gran voce dall’Italia, i risi di tipo Indica provenienti da Cambogia e Myanmar non varcano più a dazio zero i confini europei (e i dati lo confermano certificando una contrazione a due cifre delle importazioni), a spingere alle frontiere Ue sono adesso i risi confezionati, che transitano in dogana senza aggravi tariffari in forza degli accordi Eba (Everything but arms, «tutto tranne le armi»), il sistema generalizzato di preferenze riconosciuto dall’Unione europea.
Nella campagna 2018-2019 – scrive l’Ente nazionale risi – si è arrivati a un livello record di 434.000 tonnellate, un volume cresciuto del 40% su base annua è ormai rappresentativo di un terzo circa delle importazioni comunitarie.
Per le piccole confezioni, fino a un massimo di 5 chilogrammi, si è avuto solo un modesto incremento (+6% su base annua), mentre le confezioni tra 5 e 20 chili hanno fatto segnare un aumento del 50%.
L’obiettivo è scavalcare l’industria risicola europea e servire direttamente grossisti e operatori del trade, portando le confezioni, porzionate in formati da un chilo, direttamente sugli scaffali della grande distribuzione.
Si tratta, anche in questo caso, di risi provenienti dai Paesi meno avanzati, con un 30% circa delle confezioni costituito da prodotti cambogiani, Paese in cui l’Unione europea ha avviato a febbraio un’inchiesta per accertare la violazione dei principi stabiliti dalle convenzioni sui diritti umani e dei lavoratori, al fine di rendere strutturale e non temporanea la perdita delle preferenze tariffarie.
Per quanto attiene ai risi lavorati di tipo Japonica provenienti dal Myanmar, a oggi ancora esenti da dazi, i dati elaborati dalla Commissione europea parlano di volumi più che triplicati nel consuntivo dell’annata 2018-2019, che si è chiusa ufficialmente ad agosto, e addirittura quintuplicati nella prima frazione (settembre-novembre) della nuova campagna 2019-2020.
Nello stesso periodo si è assistito, come accennato, a una forte contrazione delle importazioni Ue di risi Indica, tra semilavorati e lavorati, con gli arrivi da Cambogia e Myanmar (che i dazi hanno reso decisamente meno competitivi) scesi del 31% rispetto alla scorsa annata.
In Italia, nel frattempo, l’Ente risi, organismo vigilato dal Ministero delle politiche agricole che raccoglie ed elabora i dati relativi alla produzione, trasformazione e collocamento del prodotto italiano, ha pubblicato l’atteso bilancio di collocamento della campagna 2019-2020.
I prospetti di sintesi confermano l’aumento, seppure contenuto, delle superfici nazionali destinate alla coltivazione del riso, cresciute dell’1,3% rispetto al 2018. Si è andati quest’anno oltre soglia dei 220.000 ettari, da poco più di 217.000 della scorsa campagna, ma il dato resta inferiore ai livelli di due anni fa, quando le superfici seminate a riso in Italia avevano sfiorato 230.000 ettari.
Le stime indicano una dinamica positiva anche per produzione e rendimenti medi in campagna. Il raccolto di risone, grazie alle rese più elevate e al mini rimbalzo delle semine, ha sfiorato quest’anno un milione e mezzo di tonnellate (+1,5% sulla scorsa stagione). Decisamente migliore la performance se si guarda ai risi lavorati, grazie a un generale miglioramento dei rendimenti alla trasformazione, con una crescita in questo caso di oltre il 4% e una produzione di 914.000 tonnellate abbondanti.
L’Ente risi, nel bilancio di approvvigionamento 2019-2020, mette anche in prospettiva una flessione delle importazioni nazionali, che da più di 164.000 tonnellate, per oltre l’80% provenienti dai Paesi extra-Ue, dovrebbero scendere a 126.000 (i dati sono espressi in equivalente riso lavorato).
Le cifre di dettaglio sulla scorsa campagna confermano, nella lista dei fornitori extra-Ue, il primato del Pakistan, seguito da Guyana, Tailandia e India. Quinto maggiore fornitore è la Cambogia, a sua volta davanti a Vietnam, Myanmar e Cina, con Hanoi che ha messo a segno l’anno scorso la migliore performance, aumentando di 27 volte i volumi della campagna precedente.