24 Maggio

Credit crunch, meno prestiti anche alle aziende agricole nel 2018

Secondo i dati della Banca d’Italia elaborati da Ismea, in un anno si riducono del 3,9% i prestiti e finanziamenti bancari al settore primario. Nelle campagne del Sud solo il 18% delle erogazioni, contro il 20% della Lombardia

 

Le banche stringono i rubinetti del credito. Lo confermano i prospetti di marzo della Banca d’Italia da cui mancano all’appello 66 miliardi di euro di finanziamenti alle imprese (-9%), con lo stock di impieghi al settore privato, considerando anche i prestiti alle famiglie, diminuito nel complesso di oltre 71 miliardi. Sono quasi 6 miliardi al mese sottratti ad aziende e cittadini, calcola il Centro studi di Unimpresa. Un andamento in netta controtendenza con la dinamica delle sofferenze bancarie (i crediti incagliati per rate non pagate) che, a distanza di un anno, si sono invece ridotte di oltre 72 miliardi di euro (-44%).

 

Come si collocano le imprese agricole, in questo rinnovato scenario di “credit crunch”, ce lo dicono ancora i dati di Bankitalia elaborati dall’Ismea che, nella fotografia di dicembre del 2018, quantificano l’emorragia di prestiti al settore primario in un -3,9%, un calo comunque più attenuato rispetto al 7% di riduzione certificato a fine anno per l’intera platea delle imprese.

 

L’ammontare dei prestiti concessi alle aziende agricole ha superato i 41 miliardi di euro, tra finanziamenti a breve, medio e lungo termine, corrispondenti a una quota del 5,5% del totale delle erogazioni al sistema economico nazionale (poco più di 752 miliardi).

 

A segnare il passo, oltre ai finanziamenti a breve termine, sono i prestiti a più lunga scadenza, che hanno perso l’1,4% in un anno. Il segno meno ha riguardato nello specifico le erogazioni creditizie destinate alla costruzione di fabbricati rurali (-2,4%), nonché all’acquisto di macchinari e attrezzature (-2,8%). Tra le componenti oltre il breve termine l’unico in controtendenza è il credito destinato all’acquisto di immobili rurali, che ha fatto invece registrare una crescita del 2,7%.

 

Le banche, oltre alle aziende agricole, hanno sbarrato la strada anche alle imprese industriali del settore alimentare, che hanno chiuso il 2018 con uno stock di prestiti alleggerito dell’ 1,7%, replicando di fatto la performance negativa dell’anno precedente.

 

Il timore, adesso, è che con la fine del “quantitative easing” della Bce e il conseguente rallentamento dell’immissione di liquidità nel sistema finanziario la situazione possa ulteriormente peggiorare, senza considerare l’effetto spread che andrebbe anche ad appesantire il costo dei prestiti bancari, con un aumento implicito dei tassi di interesse.

 

A pagare il conto più salato saranno, immancabilmente, le piccole e medie imprese per le quali si profila uno scenario di crescente difficoltà di accesso al credito, con ricadute tangibili sui potenziali di investimento.

 

Nel settore primario la marcata asimmetria territoriale che caratterizza il credito agricolo potrebbe avere effetti significativi nelle regioni del Mezzogiorno, considerando la forte concentrazione dei prestiti, con le prime sei regioni (cinque del Nord e una del Centro) che intercettano quasi il 70% dell’intero stock nazionale.

 

I dati dicono che un quinto circa dei finanziamenti bancari vanno alle aziende agricole lombarde e un altro 13% abbonante (rispettivamente) a quelle venete ed emiliano-romagnole. La Toscana, grazie al traino della vitivinicoltura, è la quarta regione per capacità di attrazione di risorse bancarie, con una altro 10% di share sulle erogazioni totali al settore agricolo, seguita dal Piemonte, all’8% di quota, e dal Trentino Alto Adige con poco meno del 6%.

 

La prima tra le regioni del Sud è la Puglia, con una partecipazione del 5% scarso (seguono Sicilia e Campania); ma tutto il Mezzogiorno, considerando anche le isole, totalizza circa il 18%, vale a dire meno di quanto le banche riservano, del loro portafoglio agricolo, alle aziende lombarde.

 

Da rilevare che la quota del 5,5% del settore primario sul totale delle erogazioni bancarie alle imprese, costituita però per circa tre quarti da prestiti di esercizio, si confronta con un peso dell’agricoltura sull’intera economia nazionale del 2,1% calcolato dall’Istat, che sale al 3,9% se si include l’industria alimentare.

 

Altro aspetto da evidenziare è l’andamento divergente tra i prestiti alle aziende agricole (-3,9%) e la dinamica del valore aggiunto del settore (+0,9% nel 2018), variabile che assegna all’Italia il primato in Europa con 32,2 miliardi di euro a valori correnti.

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