31 Gennaio
approfondimenti

Credit crunch e de-specializzazione: i riverberi sul sistema agricolo

di Fabian Capitanio

Credito e sistema agricolo e alimentare

I dati diffusi recentemente dalla Banca d’Italia indicano che il totale dei prestiti concessi alle imprese italiane ammonta, nel mese di settembre, a 873.204 milioni di euro, in diminuzione del 2,6% rispetto allo stock registrato nel corrispondente periodo del 2015. Si prolunga così la tendenza negativa che si protrae ininterrottamente dal 2012, nonostante il sostegno fornito dalle misure espansive della BCE. In tale contesto, le imprese del settore agroalimentare, che nel 2016 assorbono l’8,7% del credito bancario erogato al sistema produttivo nazionale, mostrano una relativa tenuta in termini di finanziamenti ricevuti, con una leggera diminuzione, che si attesta intorno allo 0,6% su base annua. All’interno di questo ampio segmento imprenditoriale risalta lo scostamento sempre più accentuato tra le imprese dell’industria alimentare e le aziende del settore primario: i prestiti ricevuti dal settore agricolo, a settembre, si sono attestati a 43.591 milioni di euro, con un calo del 2,3% rispetto allo stesso periodo del 2015.

 

Il credit crunch

Questo risultato è la conseguenza di due fenomeni che si sono avvicendati nel tempo: la de-specializzazione del credito agrario e il cosiddetto credit crunch. Partiamo da quest’ultimo. La crisi finanziaria del 2007, a partire dalla quale le economie mondiali hanno dovuto fronteggiare la peggiore recessione economica verificatasi dal Secondo dopoguerra, ha fatto nascere a livello globale il rischio concreto di un cosiddetto credit crunch, ossia un “calo dell’offerta di prestiti che non riflette una riduzione della domanda ovvero il peggioramento del rischio d’insolvenza, bensì scelte e vincoli interni alle stesse banche”.

 

Ma cosa come si manifesta il credit crunch? Innanzitutto la crisi ha favorito la precarietà del mercato creditizio e generato forti tensioni nella posizione patrimoniale e finanziaria degli intermediari, costringendoli a frenare la concessione di credito. La dinamica dei prestiti si è progressivamente indebolita in tutte le economie sviluppate, compreso il nostro Paese; tali rallentamenti sono il frutto del concorso di una serie di fattori esogeni, tra cui le turbolenze dei mercati dei capitali, la debolezza del settore immobiliare, il crollo della spesa per consumi e investimenti, nonché il peggioramento del merito creditizio della clientela bancaria. Il grafico che segue chiarisce bene cosa si intende per restrizione del credito “aggiuntiva” a quella derivante da condizioni economiche e/o finanziarie particolari.

 

Come si può osservare, dato un tasso di mercato (R) di riferimento (si pensi per comodità al tasso di sconto ufficiale della Banca Centrale Europea per prestiti a medio-lungo termine maggiorato di un differenziale – spread – che rappresenta la remunerazione degli istituti di credito), l’equilibrio dell’erogazione complessiva di credito si avrebbe nella proiezione dell’intersezione tra la funzione di domanda delle imprese (D) e la funzione di offerta degli istituti di credito (S). Il punto sull’asse ascisse che determina la quantità di equilibrio è il punto A, ma nella realtà, per motivazioni riconducibili ad un clima di progressiva sfiducia, il volume di credito effettivamente erogato si avrà nel punto B. È come se la funzione di offerta traslasse verso l’alto a sinistra. La quantità di risorse pari al segmento A-B rappresenta proprio il credit crunch.

 

credit crunch

 

La de-specializzazione del credito agrario

Il sistema agricolo, come tutti gli altri comparti dell’economia, ha sofferto per le conseguenze di questa stretta sull’erogazione di credito. Con una particolarità che ne ha aggravato la condizione: la cosiddetta de-specializzazione del credito agrario, che in particolare in Europa e in Italia ha vantato una lunga e straordinaria tradizione. Partendo da uno scenario di credito in agricoltura regolato da “regimi speciali” che, promuovendo migliori condizioni di accesso per gli agricoltori, si sono configurati come veri e propri strumenti di politica agraria, oggi, con il rinnovato Testo Unico (Dlgs 141/2010) in materia bancaria e creditizia e l’introduzione delle regole di Basilea 3 (Basel Committee on Banking Supervision, 2010), la condizione di imprenditore agricolo cessa di fruire di gran parte di quelle norme speciali che hanno consentito di rendere scarsamente rilevante per l’agricoltore il ruolo delle garanzie nei rapporti con il sistema creditizio. La sostanziale assenza di bilanci certificati per gran parte delle imprese agricole nazionali, con le imputazioni standardizzate dei riferimenti catastali di reddito domenicale quali uniche fonti informative del reddito derivante dall’attività agricola, rende ancora più rilevante questo mutamento di scenario.

 

Credito e agricoltura: cosa attendersi?

Questa nuova configurazione del rapporto tra banca e impresa introduce nuove difficoltà in un momento in cui diventa urgente colmare il gap strutturale e organizzativo della nostra offerta agricola e, parallelamente, la crisi finanziaria rende più difficoltoso del normale l’accesso al capitale di rischio. L’agricoltore è oggi più vicino e condizionato dall’evoluzione del mercato del credito e le sue possibilità di accesso ai capitali di prestito richiedono dotazioni organizzative e finanziarie adeguate, oltre che una maggiore capacità di interlocuzione con il sistema creditizio. Questo produce percorsi di accesso al credito più rigidi che in passato e soprattutto metodologie di valutazione del rischio dei soggetti affidatari più oggettive, lasciando alle valutazioni di tipo qualitativo un peso del tutto residuale.

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